La condizione di adempimento nella compravendita
Problema di particolare rilievo, non solo teorico, ma anche pratico, è se possa essere dedotta in condizione sospensiva o risolutiva l’ adempimento o, rispettivamente, l’ inadempimento della prestazione relativa al pagamento del prezzo nella compravendita.
Si tratta di uno strumento che si rende molto utile, nelle ipotesi di vendita con pagamento dilazionato del prezzo, al fine di tutelare e garantire il contraente tenuto al trasferimento della proprietà o di altro diritto, dal rischio di inadempimento alla prestazione del corrispettivo pattuito a fronte del trasferimento del bene.
La condizione apposta all’intero negozio di compravendita potrebbe infatti offrire una tutela di natura reale al cedente;
infatti il meccanismo condizionale (art. 1357), grazie alla sua retroattività permetterebbe al venditore di mantenere o riacquistare la proprietà del bene venduto, con efficacia erga omnes, in caso di inadempimento della controparte.
La particolarità della condizione di adempimento, che ha generato perplessità soprattutto in dottrina, si basa prevalentemente sul rilievo che l’adempimento della prestazione del prezzo nella compravendita non possa essere oggetto di vera e propria condizione, divenendo un elemento accidentale , quindi, estraneo alla struttura tipica del negozio.
Il pagamento del prezzo nella compravendita attiene invece alla realizzazione del negozio stesso del quale ne costituisce la causa in senso tecnico-giuridico. Un simile evento, cioè, non potrebbe essere oggetto di una vera e propria condizione venendo considerato come elemento accidentale ed estrinseco perché elemento causale tipico del negozio .
Inoltre si è detto che in una simile condizione difetterebbe anche l’ elemento dell’ incertezza, in quanto il pagamento del prezzo, oggetto di specifica obbligazione, è sempre certo sotto il profilo della coercibilità.[1]
Recentemente è stata rilevata [2] la contraddizione tra obbligo negoziale e libertà di comportamento, tipico della condizione potestativa (tale natura ha, evidentemente, la condizione in esame)[3] e, conseguentemente, l’ impossibilità per il creditore di chiedere l’ adempimento e il risarcimento del danno.
Si afferma cioè che, verificatosi l’ inadempimento, il contratto rimarrebbe definitivamente inefficace (se condizione sospensiva) o lo diventerebbe (se condizione risolutiva) e, pertanto, mancando il vincolo obbligatorio, il creditore vedrebbe peggiorata la sua situazione, non potendo chiedere il risarcimento dei danni.
Non esiste, per finire, alcuna inconciliabilità logica tra deduzione in condizione dell’ adempimento, e qualificazione dello stesso come comportamento obbligatorio [4] ; la condizione, infatti, sospendendo l’ efficacia del negozio, farebbe nascere l’ obbligo solo in seguito all’ avveramento dell’ evento. Si verifica una strana inversione cronologica in quanto il momento dell’ esecuzione (l’ adempimento) precederebbe il momento dell’ efficacia, mentre dovrebbe accadere esattamente il contrario [5] ; tale ordine cronologico non deve sconvolgere, dal momento che è presente in altre fattispecie espressamente previste dal nostro ordinamento: si pensi alla costituzione di società di capitali, in cui il versamento del 25 % dei conferimenti in denaro si pone come condizione per la costituzione, o ai contratti reali, in cui il momento esecutivo (la consegna), precede addirittura lo stesso perfezionamento del contratto [6]
Si è rilevato, per converso, che non esistono disposizioni di legge dalle quali possa desumersi un divieto di dedurre in condizione l’ adempimento [7] , e che – come dimostra il congegno dell’ art 1460 c.c. – l’ operazione risponde ad interessi apprezzabili e meritevoli di tutela.
La prevalente dottrina e la più recente giurisprudenza della Cassazione, ammettono la possibilità di dedurre in condizione sospensiva o risolutiva rispettivamente l’ adempimento o l’ inadempimento [8] .
Viene affermato, infatti, che l’ adempimento può venire considerato in modi diversi: da un lato come oggetto di un obbligo convenzionalmente assunto, dall’ altro come evento che, a garanzia delle parti, condiziona l’ efficacia del negozio.
A tal fine si è soliti distinguere tra momento programmatico e momento esecutivo nella dinamica del contratto.
Il primo sta a significare che il soggetto, con la dichiarazione negoziale, si prospetta il raggiungimento di un determinato risultato; il secondo, conseguente e perciò successivo ed autonomo rispetto al primo, sta a significare il concreto raggiungimento del risultato al quale ciascuna delle parti tende.
Da questa distinzione deriva che soltanto il momento esecutivo presenta, come ogni attuazione di un programma, i caratteri dell’ accidentalità, dell’ estrinsecità e della futurità, tipici della condizione (art. 1353), la quale può pertanto avere ad oggetto l’ adempimento o l’ inadempimento. Quindi, ciò che viene dedotto in condizione è il fatto, non l’ obbligo.
Quanto al carattere dell’ incertezza, come precedentemente accennato,
anch’ esso è presente nella fattispecie in esame, poiché l’ esecuzione forzata (che, secondo la teoria contestata, dovrebbe sempre assicurare l’ adempimento, rendendolo certo), in realtà, può non raggiungere il risultato sperato per incapienza del patrimonio del debitore.
Per ciò che riguarda l’ obiezione secondo la quale il creditore vedrebbe peggiorata la sua situazione non potendo chiedere il risarcimento dei danni in caso di inadempimento [9], può invocarsi la c.d. condizione unilaterale; le parti possono legittimamente inserire nel contratto una condizione, sospensiva (di adempimento) o risolutiva (di inadempimento), nell’ interesse esclusivo di uno solo dei contraenti, con la conseguenza che costui avrà la facoltà di rinunziare, sia prima che dopo l’ avveramento o il non avveramento, ad avvalersi del meccanismo condizionale.
In definitiva, il creditore, in caso di inadempimento, potrà a sua volta giovarsi dell’ effetto sospensivo o risolutivo della condizione (di adempimento o di inadempimento), così mantenendo o riottenendo la proprietà del bene alienato, ovvero potrà rinunciare alla condizione e chiedere l’ adempimento e il risarcimento del danno.
[1] Cass. 5 gennaio 1983, n. 9.
[2] Da C. M. Bianca, Il contratto, cit., pag. 544-545.
[3] Occorre rilevare che la condizione sospensiva di adempimento non è una condizione meramente potestativa, che rende nullo il contratto, ai sensi dell’ art. 1355 c.c., perché la scelta fra l’ adempimento e l’ inadempimento non dipende da un mero capriccio, bensì da una valutazione di convenienza della parte obbligata che mira a soddisfare suoi diversi interessi.
[4] Petrelli, La condizione “elemento essenziale” del negozio giuridico, cit., p. 203 ss.
[5] A. Falzea, La condizione e gli elementi dell’ atto giuridico, cit., p.315
[6] Petrelli, ult. op. cit., p. 447 ss.
[7] Lenzi, In tema di adempimento come condizione: ammissibilità, qualificazione e disciplina, cit., p. 93
[8] Cfr. per tutti, in dottrina G. Mirabelli, Dei contratti in generale, cit., p. 235, nota 35; A. di Majo Giaquinto, L’ esecuzione del contratto, Milano, 1967, p. 177 ss.; R. Lenzi, In tema di adempimento come condizione: ammissibilità, qualificazione e disciplina, in Riv. Not., XL, p. 87 ss.; G. Petrelli, La condizione “elemento essenziale” del negozio giuridico, cit., p. 431 ss.;
G. Amadio, La condizione di inadempimento, cit., p. 124 ss.; E. Marmocchi, Della condizione di adempimento della prestazione, in Riv. Not., 1983, p. 482 ss.; A. Iannaccone, L’ adempimento dedotto in condizione, nota a Cass. 24 giugno 1993, n. 7007, cit., in Giur. It., 1995, I, 1, col. 329 ss.; S. Maiorca, voce Condizione, in Dig. Disc. priv., sez. civile, Torino, 1998, vol. III, p. 281 ss.
In giurisprudenza, cfr. per tutte Cass. 21 aprile 2010, n 9504, sez. II; Cass. 24 novembre 2003, n. 17859; Cass. 3 marzo 1997, n. 1842, in Corr. Giur., 1997,p. 1102; Cass. 12 ottobre 1993, n. 10074, in Mass. Giust. Civ., 1993, p. 1461; Cass. 8 agosto 1990, n. 8051, in Mass. Giust. Civ., 1990, p. 1492.
Singolare ricostruzione della fattispecie della vendita sottoposta a condizione sospensiva di adempimento è stata fatta da Cass. 8 aprile 1999, n 3415, in Notariato, 1999, p. 407, secondo la quale “ La compravendita immobiliare sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento del prezzo si inquadra nella figura della compravendita con riserva di proprietà, nella quale il trasferimento di tale diritto si realizza “ex nunc” con il pagamento dell’ ultima rata del prezzo: infatti la regola generale della retroattività della condizione, sancita dall’ art 1360 c.c., non opera tutte le volte che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto debbano essere riportati ad un momento diverso da quello della conclusione del contratto”.
[9] Cfr. in tal senso, Cass. 21 aprile 2010 n. 9504 e Cass. 24 novembre 2003 n. 17859, secondo le quali una volta verificatosi l’ inadempimento, lo stesso non può essere invocato dalla controparte quale illecito contrattuale e fonte di obbligazione risarcitoria ai sensi dell’ art. 1223 c.c., trattandosi del legittimo esercizio di una potestà convenzionalmente attribuita, in quanto costituente l’ evento espressamente dedotto in condizione per volontà concorde dei contraenti (ciò che, sotto altro aspetto, corrisponde alla comune affermazione secondo la quale la condizione non obbliga la parte al comportamento in essa dedotto).
Luigi Filice