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TRASFERIMENTO A SEGUITO DI SEPARAZIONE NON COMPORTA DECADENZA AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 9 settembre 2019 n.80 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce un principio importante .

Allo scopo di favorire il trasferimenti tra coniugi finalizzato alla risoluzione delle crisi coniugali l’Agenzia afferma che l’alienazione a terzi effettuata a seguito di accordo di separazione tra coniugi omologato dal giudice , anche se effettuato nei cinque anni dall’acquisto con agevolazioni prima casa non comporta decadenza

Pertanto la finalità della risoluzione della crisi coniugale supera il divieto di alienazione infraquinquennale e non fa scattare nè l’obbligo di riacquisto nell’anno nè in assenza di esso le sanzioni previste dalla legge

Questo è il testo del documento di prassi

QUESITO

L’istante fa presente di aver acquistato insieme al coniuge, in data 25 giugno 2015, un immobile abitativo sito in XXX, usufruendo dell’agevolazione ‘prima casa‘, prevista dall’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, Nota II-bis, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

In data 7 marzo 2018, l’istante si è separata consensualmente dal coniuge, come da verbale di separazione, omologato dal Tribunale di XXX. Tra le clausole dell’accordo di separazione è compresa la messa in vendita, prima della decorrenza dei 5 anni dall’acquisto, della suddetta abitazione familiare, con ripartizione tra i coniugi del ricavato nella misura del 50 per cento ciascuno.

Premesso che l’abitazione in questione è stata ceduta a terzi, con atto di compravendita del 5 giugno 2018 (registrato con applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura prevista per gli atti di trasferimento della ‘prima casa‘) e che l’interpellante non è nella possibilità economica di acquistare una nuova abitazione entro un anno dalla cessione, l’istante chiede di conoscere se detta cessione a terzi, in esecuzione di una clausola inserita nell’accordo di separazione, comporti la decadenza dalle agevolazioni ‘prima casa‘ fruite per l’acquisto del 2015

.SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’interpellante ritiene di non decadere dalle agevolazioni ‘prima casa‘ fruite, nella fattispecie rappresentata.

A sostegno della propria tesi, richiama le disposizioni contenute nell’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, concernenti il regime di esenzione dalle imposte di bollo, di registro e da ogni altra tassa, per gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di separazione o divorzio, la cui ratio sarebbe di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi a seguito della separazione o del divorzio, nonché il recente orientamento della Corte di Cassazione contenuta nell’ordinanza n. 7966 del 21 marzo 2019.

Sulla base di tali argomentazioni, l’istante sostiene la non decadenza dal beneficio fiscale anche nelle ipotesi di cessione a terzi dell’immobile con ripartizione del ricavato tra i coniugi.PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Le agevolazioni ‘prima casa‘ sono disciplinate dalla Nota II-bis, posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR).

Ai fini in esame, appare opportuno richiamare le disposizioni contenute nel punto 4) della citata Nota II-bis, secondo cui “4. In caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati coni benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sonodovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché‘ una sovrattassa pari al 30 percento delle stesse imposte. Se si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delleentrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fral’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazionedell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima.Sono dovuti gli interessi di mora di cui al comma 4 dell’articolo 55 del presente testo unico. Le predette disposizioninon si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici dicui al presente articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Dunque, in linea generale, nel caso in cui si trasferisca nel quinquennio l’immobile acquistato con le agevolazioni ‘prima casa‘ e non si proceda all’acquisto entro l’anno di un nuovo immobile, da destinare ad abitazione principale, si verifica la decadenza dall’agevolazione fruita.

Con riferimento alle disposizioni agevolative previste per i casi di divorzio o di separazione, l’articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (‘Nuove norme sulla disciplina di casi di scioglimento del matrimonio‘) prevede che “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

Le agevolazioni di cui alla citata legge n. 74 del 1987 sono applicabili anche nell’ambito dei procedimenti di separazione, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza del 10 maggio 1999, n. 154.

Con l’ordinanza del 21 settembre 2017, n. 22023, la Corte di Cassazione ha affermato che, con l’esenzione in parola il legislatore ha inteso favorire gliatti e convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni immobili all’uno o all’altro coniuge.” Ciò, al fine “di favorire e promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l’adempimento delle obbligazioni che gravano sui coniugi” (ex plurimis Corte di Cassazione 22 maggio 2002, n. 7493 e Cassazione 17 febbraio 2001, n. 2347).

Per quanto riguarda, inoltre, il quesito relativo alla decadenza dalle agevolazioni ‘prima casa‘ fruite per l’acquisto dell’immobile, trasferito nel quinquennio all’altro coniuge per effetto di un accordo di separazione, la Corte di Cassazione, con sentenza 29 marzo 2017, n. 8104, stante la ratio della norma di cui al citato articolo 19 della legge n. 74 del 1987, ha stabilito che non può farsi derivare la decadenza dell‘agevolazione connessa all’acquisto di un immobile dalla cessione di esso al coniuge in sede di separazione”.

In tal senso, inoltre, la Corte di Cassazione con ordinanza 18 febbraio 2014, n. 3753 ha chiarito che “L’attribuzione al coniuge della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione consensuale, non costituisce, infatti, una forma di alienazione dell’immobile rilevante ai fini della decadenza dei benefici prima casa; bensì una forma di utilizzazione dello stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti tra i coniugi, sia pure al venir meno della loro convivenza (e proprio in vista della cessazione della convivenza stessa)“.

Sul punto, con la recente ordinanza del 21 marzo 2019, n. 7966, la medesima Corte ha ulteriormente chiarito che “4.2. orbene, ritiene il collegio che il principio espresso da Cass. n. 2111 del 2016 con riferimento ad un trasferimento immobiliare avvenuto all’interno del nucleo familiare è di portata assolutamente generale e, dunque, non può non estendersi anche all’ipotesi per cui è causa, nella quale i coniugi si sono determinati, in sede di accordi conseguenti alla separazione personale, a trasferire l’immobile acquistato con le agevolazioni per la prima casa ad un terzo;

4.2.1. ed, infatti: a) la legge n. 74 del 1987, articolo 19, dispone in via assolutamente generale l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa degli atti stipulati in conseguenza del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, a seguito di Corte Cost. n. 154 del 1999, anche del procedimento di separazione personale tra coniugi, senza alcuna distinzione tra atti eseguiti all’interno della famiglia e atti eseguiti nei confronti di terzi; b) la ratio della menzionata disposizione è senza dubbio quella di agevolare la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi a seguito della separazione o del divorzio; c) recuperare l’imposta in conseguenza della inapplicabilità dell’agevolazione fiscale sulla prima casa da parte dell’Erario significherebbe sostanzialmente imporre una nuova imposta su di un trasferimento immobiliare avvenuto in esecuzione dell’accordo tra i coniugi e, pertanto, andare palesemente in senso contrario alla ratio della disposizione, così come definita sub b).

Alla luce di quanto precede, in linea con la ratio dell’art. 19 (volto a favorire gli atti e le convenzioni “che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio“), si ritiene che la cessione a terzi di un immobile oggetto di agevolazione ‘prima casa‘, in virtù di clausole contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale (come nel caso di specie), non comporta la decadenza dal relativo beneficio.

In tal senso, si possono ritenere superati i chiarimenti forniti con la circolare 21 giugno 2012, n. 27/E (par. 2.2) nella parte in cui si esaminano le conseguenze fiscali, in materia di decadenza dell’agevolazione ‘prima casa‘, nell’ipotesi di cessione dell’immobile a terzi.

ACQUISTO CON AGEVOLAZIONI PRIMA CASA PER RESIDENTE TRASFERITO ALL’ESTERO

Fino al 13 giugno 2023, l’agevolazione per l’acquisto della prima casa era riconosciuta in materia di imposta di registro anche per l’acquisto dell’abitazione che si trovi nel comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende il lavoratore, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro;

Ciò solo in base ad un rapporto di lavoro subordinato, anche da non imprenditore .

Poi in base ad una procedura di infrazione aperta dall’Unione Europea nei confronti dell’Italia il nostro paese ha dovuto conformarsi approvando il D.L. n. 69/2023 che all’art.2 recita:

Al TUIR n.131/1986,  tariffa allegata parte prima, all’articolo 1, nota II-bis), comma 1, lettera a), le parole: «se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano» sono sostituite dalle seguenti: «se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni, nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento».

 Così l’agevolazione viene ora riconosciuta solo all’acquirente che si sia trasferito all’estero per ragioni di lavoro e a condizione che abbia risieduto e svolto la propria attività lavorativa in Italia per almeno 5 anni;

l’agevolazione può essere richiesta solo per gli immobili siti in un comune in cui il soggetto sia nato , abbia avuto l’ultima residenza o abbia esercitato la propria attività prima del trasferimento

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA NELL’IMPOSTA DI DONAZIONE E SUCCESSIONE E PREPOSSIDENZA

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA  NELL’IMPOSTA DI DONAZIONE E SUCCESSIONE E PREPOSSIDENZA

La circo lare n.12 /E del 2016 prevede che

” L’estensione dell’agevolazione ‘prima casa’ di cui all’art. 1, comma 55, della Legge di Stabilità, spetta anche nel caso di nuovo acquisto a titolo gratuito (con impegno dell’acquirente di alienare la casa preposseduta entro un anno)?

Risposta

L’acquisto del nuovo immobile in regime agevolato, con l’impegno a rivendere quello preposseduto, può essere effettuato anche a titolo gratuito. La disciplina agevolativa riservata alla prima casa di abitazione trova, infatti, trova  applicazione, in via generale, anche con riferimento agli atti a titolo gratuito, in virtù di quanto disposto dall’art. 69, commi 3 e 4, della legge 21 novembre 2000, n. 342. Tali disposizioni rinviano, infatti, alla ricorrenza delle condizioni di cui alla nota IIbis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. La modifica delle condizioni stabilite dalla Nota II-bis esplica, quindi effetti anche ai fini dell’applicazione delle agevolazioni ‘prima casa’ in sede di successione o donazione. Resta inteso che, nell’atto di donazione o nella dichiarazione di successione con cui si acquista il nuovo immobile in regime agevolato, dovrà risultare l’impegno a vendere entro l’anno l’immobile preposseduto.

In base al principio affermato nella circolare è da considerare la risposta all’interpello n.123 del 21 dicembre 2018.

Il quesito era il seguente

Nel 1971, la contribuente istante ha acquistato il suo primo ed unico appartamento in Roma (..), richiedendo, nell’atto di acquisto, di avvalersi delle agevolazioni previste dalla Legge 2 luglio 1949 n. 408 (“Legge Tupini”) e successive modifiche, ricorrendone le condizioni, tra le quali, il fatto che l’immobile acquistato non poteva qualificarsi come “casa di abitazione di lusso”. Inoltre, secondo l’istante, ove l’agevolazione “prima casa” fosse già stata introdotta all’epoca dell’acquisto dell’immobile, quest’ultimo avrebbe certamente consentito di soddisfare le condizioni richieste per usufruire dei benefici previsti dall’art.1, nota II-bis, della Tariffa, parte I, allegata al Dpr 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, TUR). L’istante dichiara di aver trasferito e mantenuto la propria residenza nell’immobile acquistato, che, tra l’altro, costituisce, da allora, l’unico e primo immobile  acquistato su tutto il territorio nazionale e l’unico immobile posseduto nel Comune di residenza (Roma). In data 19 dicembre 2017, è deceduto il padre dell’istante, che aveva la propria residenza in Roma (..). L’istante precisa che anche questo immobile, per le sue caratteristiche, è considerato “non di lusso”. E’ intenzione dell’istante, erede del defunto, trasferirsi nella casa paterna, cedendo il proprio appartamento acquistato nel 1971. L’istante chiede di conoscere se possa richiedere le agevolazioni “prima casa” in sede di acquisto per successione dell’appartamento ereditato dal padre

L’Agenzia risponde che

In definitiva, alla luce di tali considerazioni, l’applicazione della disposizione di cui al comma 4-bis, dell’articolo 1, della tariffa, parte prima, allegata al TUR, permette al contribuente di derogare temporaneamente (entro l’anno dalla data del secondo acquisto) alla condizione di cui alla lettera b) della citata Nota II-bis, ovvero della prepossidenza di un solo altro immobile “agevolato” nello stesso Comune di residenza. Invero, scopo della norma di cui al citato comma 4-bis è quello di agevolare il contribuente nella sostituzione dell’abitazione preposseduta, concedendo un lasso temporale, più lungo, per l’alienazione dell’immobile da sostituire. La norma, dunque, non deroga alla condizione prevista dalla lettera b), ma semplicemente ne posticipa la sua sussistenza entro l’anno dalla data del secondo acquisto, sicché, entro tale termine, l’acquirente deve, comunque, possedere, nel Comune di residenza, un solo immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa”. Ciò premesso, si ritiene che tale condizione risulti soddisfatta anche nel caso prospettato dal contribuente, sebbene il primo ed unico immobile preposseduto nel Comune di residenza – in cui si trova anche l’immobile che gli perverrà per successione – non abbia goduto delle agevolazioni prima casa. Nel caso in esame, infatti, l’istante dichiara che: – l’immobile preposseduto è stato acquistato nel 1971 e, sin da allora, è stato il suo primo ed unico appartamento posseduto nel Comune di residenza, non avendo, altresì, acquistato altri immobili su tutto il territorio nazionale; – l’immobile ereditato si trova nello stesso Comune di residenza; – entrambi gli immobili sono classificabili catastalmente in categorie diverse da A1, A8 e A9.

Al verificarsi di tali condizioni, l’istante può godere immediatamente – ovvero, senza procedere alla cessione dell’immobile preposseduto – delle agevolazioni “prima casa” sull’immobile ereditato, in quanto la sostituzione, consentita dal comma 4-bis della Nota II-bis, della tariffa, è limitata, anche in questo caso, all’unico immobile preposseduto nel Comune di residenza e, per effetto della stessa, l’acquirente è in grado di soddisfare, entro l’anno dalla data del secondo acquisto, la condizione di cui alla lettera b) della Nota II-bis citata. In considerazione delle argomentazioni sopra esposte, deve ritenersi, dunque, che, nel caso rappresentato, l’istante possa richiedere le agevolazioni ‘prima casa’, ai sensi della novellata Nota II-bis, per l’acquisto dell’immobile pervenuto per successione, ancorché l’unico immobile preposseduto, ubicato nello stesso Comune di residenza, non sia stato acquistato con le medesime agevolazioni. Resta fermo che, per poter godere delle agevolazioni in argomento, l’istante dovrà procedere alla vendita della casa preposseduta entro un anno dalla data del secondo acquisto, che, nel caso di specie, coincide con la data di apertura della successione.

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA ANCHE CON IMMOBILE ACQUISTATO CON IVA ANTE 1994

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA ANCHE CON IMMOBILE ACQUISTATO CON IVA ANTE 1994

Questa risposta ad interpello afferma che coloro i quali hanno acquistato da società costruttrice un’abitazione ante maggio 1994 con Iva  ( prima al due per cento e poi al quattro per cento) possono richiedere le agevolazioni per la prima casa per un nuovo acquisto,  impegnandosi ad alienare tale abitazione entro l’anno.

Ciò in quanto , ante maggio 1994 non esisteva in materia Iva una norma che concedesse le agevolazioni per la prima casa con gli stessi requisiti richiesti in materia di imposta di registro ma esisteva una aliquota Iva indifferenziata per gli acquisti di abitazioni dall’impresa costruttrice.

Come già chiarito in materia di credito di imposta si ritiene dall’AE che qualora esistessero,  al momento dell’acquisto con iva dal costruttore,  i requisiti richiesti in tale momento in materia di imposta di registro non solo si può usufruire del credito di imposta ma si può anche acquistare una nuova abitazione con agevolazioni impegnandosi ad alienarla entro un anno

 

DI SEGUITO IL TESTO DELLA RISPOSTA

 

Risposta n. 377

OGGETTO: Applicabilità delle agevolazioni prima casa ai sensi della Nota II bis, comma 4-bis, all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 26 aprile 1986, n. 131, in caso di possidenza di altro immobile situato nello stesso Comune non acquistato con le agevolazioni prima casa in quanto acquistato con atto soggetto ad aliquota Iva al 4% da Società costruttrice prima del 22 maggio 1993. – Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212.

 

Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente QUESITO Il Notaio Tizio (di seguito, l’“Istante”) rappresenta che i coniugi Caio e Mevia intendono acquistare dalla Società costruttrice Alfa una porzione di fabbricato di nuova costruzione costituita da una unità immobiliare ad uso abitativo di Categoria A/7 sita nel Comune XXX. Detta compravendita è soggetta ad Iva. I medesimi coniugi sono già proprietari di una abitazione sita nel medesimo Comune XXX, ma chiedono di poter effettuare il nuovo acquisto usufruendo dell’aliquota Iva agevolata “prima casa” impegnandosi ad alienare l’abitazione a titolo oneroso ovvero gratuito entro un anno dalla data di stipula. L’Istante rileva che, al riguardo, l’art. 1, comma 55, della legge di stabilità 2016, in vigore dal 1 gennaio 2016, ha modificato la nota II-bis all’art. 1 della tariffa parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, TUR), aggiungendovi il comma 4-bis, che consente di usufruire di questa facoltà ai proprietari di abitazioni acquistate “usufruendo delle agevolazioni di cui alla lettera c”. Nel caso specifico, i coniugi Caio e Mevia hanno acquistato la loro attuale “prima casa” con atto del 19 novembre 1990 da impresa costruttrice, pertanto soggetto ad Iva. Alla data di stipula del detto di acquisto l’aliquota prevista per le vendite di abitazioni era unica al 4% (la differenziazione delle aliquote Iva sull’acquisto di abitazioni è stata, infatti, introdotta solo con il D.L. n. 155 del 22 maggio 1993 convertito dalla Legge n. 243 del 1993), ma per i predetti coniugi alla data di tale acquisto sussistevano i requisiti previsti dall’allora vigente legislazione che avrebbero dato loro diritto all’agevolazione “prima casa” per acquisti soggetti a imposta di registro. In casi analoghi, tale condizione è ritenuta sufficiente per l’ottenimento delle citate agevolazioni. In particolare, con la Circolare dell’Agenzia Entrate 1 marzo 2001 n. 19/E sono state riconosciute le “agevolazioni prima casa” in caso di acquisto con atto separato di una pertinenza di una casa di abitazione ceduta da impresa costruttrice senza applicazione della specifica IVA ridotta prevista per la c.d. “prima casa” anteriormente al 22 maggio 1993, qualora il proprietario dell’immobile abitativo dimostri che al momento dell’acquisto si trovava nelle condizioni richieste dalla legge allora vigente per usufruire delle agevolazioni prima casa (Cfr. Circolare n.19/E del 2001, paragrafo 2.2.2.). La stessa circolare riconosce anche l’attribuzione del credito di imposta ai soggetti in possesso dei sopra citati requisiti. SOLUZIONE PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE L’Istante ritiene che l’acquisto effettuato dai predetti coniugi nel 1990 dell’abitazione attualmente posseduta nel Comune di residenza non sia ostativo all’applicazione dell’articolo 1 della nota II bis), comma 4-bis, della Tariffa Parte prima allegata al TUR, sicché ritiene possibile che i medesimi possano beneficiare, 3 immediatamente, delle agevolazioni “prima casa” (e dunque dell’aliquota Iva al 4%) in relazione al nuovo acquisto, assumendo, contestualmente, l’impegno ad alienare l’abitazione a titolo oneroso ovvero gratuito entro un anno dalla data di stipula, dichiarando che alla data dell’acquisto dell’abitazione preposseduta sussistevano i requisiti previsti dall’allora vigente legislazione che avrebbero dato loro diritto all’agevolazione “prima casa” per acquisti soggetti a imposta di registro. In particolare, l’Istante interpella la scrivente sull’interpretazione del D.P.R. n. 131/1986 in relazione al caso concreto prospettato, anche alla luce della risposta n. 123 in data 21 dicembre 2018 dell’Agenzia delle Entrate Divisione Contribuenti – Direzione Centrale Persone Fisiche, Lavoratori Autonomi ed Enti Non Commerciali. PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE Il comma 4-bis della Nota II-bis posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR – di cui il contribuente chiede l’applicazione – prevede che “(..)l’aliquota del 2 per cento si applica anche agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell’immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c), a condizione che quest’ultimo immobile sia alienato entro un anno dalla data dell’atto. In mancanza di detta alienazione, all’atto di cui al periodo precedente si applica quanto previsto dal comma 4”. In linea generale, si rileva che, come chiarito in sede di Circolare n. 12/E del 8 aprile del 2016, tale norma è applicabile anche nell’ipotesi in cui il nuovo acquisto sia imponibile ad IVA: “Il punto 21) della Tab. A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, ai fini dell’applicabilità dell’aliquota IVA agevolata al 4 per cento, fa espresso rinvio, infatti, alla ricorrenza delle condizioni di cui alla nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 4 1986, n. 131. La modifica delle condizioni stabilite dalla Nota II-bis esplica, quindi effetti anche ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata IVA del 4 per cento.” L’Istante intende conoscere se la disposizione di cui al citato comma 4-bis dell’articolo 1, della Nota II-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al TUR possa trovare applicazione anche nell’ipotesi nella quale l’immobile preposseduto (e da vendere entro un anno) da coloro che intendono acquistarne uno nuovo nel Comune di residenza non sia stato acquistato con le agevolazioni “prima casa”, in quanto acquistato nel 1990 da una Società costruttrice, e pertanto prima del 22 maggio 1993 (data in cui, ad opera del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, convertito dalla Legge 19 luglio 1993, n. 243, è stata soppressa l’applicazione dell’aliquota del 4% prevista per tutte le cessioni di abitazioni effettuate da costruttori ed è stata limitata l’applicazione di tale aliquota alle sole ipotesi di acquisto della “prima casa”). Al riguardo, si rileva che, in sede di Circolare del 1 marzo 2001 n. 19, con riferimento alla disciplina del credito d’imposta, è stato precisato che: “Anteriormente al 22 maggio 1993, data di entrata in vigore del decreto legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, l’aliquota IVA agevolata (2%, elevata al 4% dal 1 gennaio 1989 dal decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154) era applicabile alle realizzazioni ed alle cessioni di tutti i fabbricati abitativi di nuova costruzione di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, effettuate da imprese costruttrici, indipendentemente dalla condizione che detti immobili costituissero la c.d. “prima casa” per l’acquirente. A tale principio di carattere generale facevano eccezione le cessioni degli immobili abitativi non di lusso, effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici e quelle degli immobili aventi la stessa tipologia edificati prima del 18 luglio 1949. Queste operazioni erano assoggettate all’aliquota IVA ridotta (2%, elevata successivamente al 4%) solo se effettuate nei confronti di persone fisiche 5 nei termini ed alle condizioni indicate nell’art. 2, primo comma, del decreto legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito nella legge 5 aprile 1985, n. 118, concernente le agevolazioni fiscali per l’acquisto della c.d. “prima casa”. Soltanto in seguito all’entrata in vigore del citato decreto legge n. 155 del 1993 è stata prevista, in linea generale, analogamente a quanto disposto ai fini dell’imposta di registro, l’applicazione dell’aliquota del 4% alle cessioni di tutti gli immobili abitativi non di lusso, in presenza delle condizioni stabilite dalla nota IIbis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, del più volte richiamato testo unico dell’imposta di registro. Da quanto sopra esposto risulta evidente che i soggetti che hanno acquistato la propria abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente fino al 22 maggio 1993, non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni c.d. “prima casa”, presupposto al quale l’art. 7, comma 1, della legge n. 448 del 1998 subordina l’attribuzione del credito d’imposta. Si deve ritenere, tuttavia, che tale circostanza non precluda il diritto al beneficio qualora l’acquirente dimostri che alla data di acquisto dell’immobile alienato era comunque in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”. Inoltre, con il medesimo documento di prassi, l’amministrazione ha chiarito che le agevolazioni “prima casa” si rendono applicabili anche quando il bene acquistato con atto separato costituisca pertinenza di una casa di abitazione ceduta da una impresa costruttrice, senza l’applicazione della specifica aliquota Iva ridotta, prima del 22 maggio 1993. La suddetta deroga trova fondamento nella considerazione che, fino alla data del 22 maggio 1993, l’aliquota da applicare alle cessioni di abitazioni effettuate da costruttori (4%) coincideva con l’aliquota prevista per l’acquisto della “prima casa”, circostanza che rendeva superflua la richiesta di fruizione del regime agevolato, pur sussistendo le condizioni per il riconoscimento (cfr. anche Circ. n. 31/E del 7 giugno 2010). 6 Con riferimento a quanto previsto nel comma 4-bis in commento, nel caso di specie, si pone il problema del rispetto, da parte dei coniugi Caio e Mevia, della condizione di cui alla lettera b) della Nota II-bis della tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede “nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare”. Ciò in quanto i medesimi coniugi, al momento dell’acquisto del nuovo immobile, hanno ancora la titolarità dell’immobile acquistato nel 1990, nel medesimo Comune e senza usufruire delle “agevolazioni prima casa”. In particolare, limitatamente alla condizione di cui alla richiamata lettera b), la disposizione, di cui al citato comma 4-bis, consente al contribuente di fruire delle agevolazioni “prima casa”, nonostante sia titolare, nel Comune di residenza, di un altro immobile, precedentemente acquistato beneficiando delle agevolazioni elencate nella lettera c), della Nota II-bis, dell’articolo 1, della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR. Al riguardo, sia il tenore letterale della norma – in particolare, l’affermazione secondo la quale “(…) i requisiti di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell’immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c)” – sia il fatto che la medesima trovi applicazione solo nell’ipotesi in cui l’immobile preposseduto sia stato acquistato beneficiando dell’agevolazione “prima casa”, consentono di ritenere che tale disposizione possa trovare applicazione solo nel caso in cui l’acquirente sia titolare, nello stesso Comune di residenza, di un solo altro immobile. Alla luce di tali considerazioni, l’applicazione della disposizione di cui al comma 4-bis, dell’articolo 1, della tariffa, parte prima, allegata al TUR, permette al contribuente di derogare temporaneamente (entro l’anno dalla data dell’acquisto) alla condizione di cui alla lettera b) della citata Nota II-bis, ovvero 7 della prepossidenza di un solo altro immobile “agevolato” nello stesso Comune di residenza. Invero, scopo della norma di cui al citato comma 4-bis è quello di agevolare il contribuente nella sostituzione dell’abitazione preposseduta, concedendo un lasso temporale di un anno, per l’alienazione dell’immobile da sostituire. La norma, dunque, non deroga alla condizione prevista dalla lettera b), ma semplicemente ne posticipa la sua sussistenza entro l’anno dalla data dell’acquisto, sicché, entro tale termine, l’acquirente deve, comunque, possedere, nel Comune di residenza, un solo immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa”. Ciò premesso, si ritiene che tale condizione risulti soddisfatta anche nel caso prospettato dall’istante, sebbene l’immobile preposseduto dai coniugi nel Comune di residenza – in cui si trova anche l’immobile che i medesimi acquisteranno da Società costruttrice – non abbia goduto delle agevolazioni prima casa, poiché acquistato nel 1990 da una Società costruttrice. A tal fine, sarà necessario che: • l’immobile preposseduto sia stato acquistato nel 1990 da società costruttrice e sia l’unico appartamento posseduto dai coniugi nel Comune di residenza; • al momento dell’acquisto i coniugi rispettino la condizione di cui alla lett. c) della nota II-bis e, quindi, non siano titolari di altri immobili su tutto il territorio nazionale acquistati con le agevolazioni prima casa; • i coniugi rispettino i requisiti di cui alla lett. a) della nota II-bis; • sia l’immobile da acquistare che l’immobile da vendere entro un anno sono classificabili catastalmente in categorie diverse da A1, A8 e A9. Al verificarsi di tali condizioni, i coniugi possono beneficiare immediatamente – ovvero, senza procedere alla cessione dell’immobile preposseduto – delle agevolazioni “prima casa” ai sensi della novellata Nota II-bis per l’acquisto dell’immobile di nuova costruzione da Società costruttrice in quanto la sostituzione, consentita dal comma 4-bis della Nota II-bis, è limitata, anche in 8 questo caso, all’unico immobile preposseduto nel Comune di residenza e, per effetto dell’alienazione di tale immobile, l’acquirente è in grado di soddisfare, entro l’anno dalla data dell’acquisto, la condizione di cui alla lettera b) della Nota II-bis citata.

 

 

 

MORTE DELL’ACQUIRENTE DEL DIRITTO DI USUFRUTTO

MORTE DELL’ACQUIRENTE DEL DIRITTO DI USUFRUTTO

Molti clienti mi chiedono cosa succede nell’ipotesi che colui il quale ha acquistato il diritto usufrutto con un contratto, per legge o per successione muoia.

Bisogna considerare che il diritto di usufrutto viene costituito dal pieno proprietario frazionando le sue facoltà  .

All’usufruttuario andranno sia le facoltà di godere del bene sia quella di impossessarsi dei frutti civili e naturali ( frutti naturali degli alberi o della terra e civili risultanti dalla locazione o da qualsiasi utilità che li produca) .

Al nudo proprietario andranno invece le residue facoltà,  in pratica solo quella di cedere il suo diritto oltre all’aspettativa di divenire pieno proprietario alla morte dell’usufruttuario. o comunque al termine stabilito per la sua durata

Questo per semplificare limitandoci all’ipotesi dell’unico titolare del diritto di usufrutto.

Come ogni altro diritto anche l’usufrutto può essere ceduto a terzi.

Ma detto diritto rimane comunque  limitato nel tempo:

a seconda di come configurato nel titolo di acquisto  ( legge , contratto o testamento) con una durata fissata o altrimenti con una durata vitalizia

E’ infatti nella natura del diritto di usufrutto la sua temporaneità : sarebbe infatti contrario alla ratio delle norme che lo disciplinano fin dal diritto romano  poterlo prorogare all’infinito violando nella sostanza l’aspettativa del nudo proprietario ad acquisire la piena proprietà ponendo fine alla compressione dei suoi diritti.

Quindi nell’ipotesi in cui avvenga la cessione di questo diritto e l’acquirente  venga a mancare cosa accade ?

A mio avviso e ad avviso di molta parte della dottrina il diritto di usufrutto vitalizio andrà in successione agli eredi del cessionario

Stesso discorso per l’usufrutto a tempo qualora la morte arrivi prima della scadenza .

Ovviamente una volta andato in successione esso cesserà nel momento in cui il primo usufruttuario verrà a mancare o verrà a spirare il termine della sua durata.

Ciò in quanto il diritto una volta creato ha una durata massima nella vita del primo usufruttuario o nel termine originariamente stabilito.

Qualora al di fuori dell’ipotesi di diritto a termine, si sostenesse il contrario e cioè che cessi con la morte del cessionario e non più del primo titolare  , commisurandone la durata all’ultimo titolare ciò potrebbe portare ad una compressione all’infinito del diritto del nudo proprietario, ove l’usufruttuario vitalizio trasferisca a persona giovane il suo diritto il quale a sua volta lo ritrasferisca ad altra persona di giovane età e così all’infinito.

Tale conseguenza è palesemente in contrasto con le norme che regolano il diritto di usufrutto e quindi credo che sia da respingere.

 

PRIMA CASA E TRASFORMAZIONE C/2 IN ABITAZIONE

PRIMA CASA E TRASFORMAZIONE C/2 IN ABITAZIONE

CON QUESTA RISPOSTA AD INTERPELLO L’AGENZIA DELLE ENTRATE CONSENTE CHE VENGANO CONCESSE LE AGEVOLAZIONI PER LA PRIMA CASA IN MATERIA DI IMPOSTA DI REGISTRO nell’ipotesi in cui l’acquisto riguardi un’unità a destinazione C/2 e che sulla stessa venga effettuato il cambio di destinazione in abitazione.

L’atto di acquisto era stato originariamente stipulato avendo ad oggetto una unità a destinazione C/2 ed erano state pagate le relative imposte

Il contribuente aveva intenzione di richiedere le agevolazioni per l’acquisto della prima casa con atto integrativo utilizzando anche un credito di imposta sulla considerazione che il locale era in corso di trasformazione in unità abitativa

 

Risposta n. 753/2021

OGGETTO: Agevolazioni “prima casa” per immobile classificato come C2, in corso di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso in abitazione. Atto integrativo.

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente QUESITO L’istante fa presente di aver acquistato con atto di compravendita, nel 2019, congiuntamente alla sig.ra Tizia, la piena proprietà di un complesso immobiliare costituito da una porzione di un più ampio fabbricato e parte di resede pertinenziale, censito al Catasto Fabbricati nella categoria C/2, oltre ad un cortile pertinenziale comune, censito al Catasto Terreni, al prezzo complessivo di euro x. L’istante dichiara che tale complesso immobiliare è stato acquistato in corso di ristrutturazione finalizzata al cambio di destinazione d’uso in unità immobiliare residenziale abitativa, avente categoria diversa da A/1, A/8 e A/9 (S.C.I.A ). L’istante fa presente che per mera omissione, nel suddetto atto di compravendita non è stata richiesta l’applicazione delle agevolazioni “prima casa”, previste dalla Nota II-bis dell’articolo 1, della Tariffa Parte I, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR) e che pertanto ha corrisposto l’imposta di registro nella misura ordinaria. L’istante precisa, infine, che con atto di compravendita del 2019, ha venduto la piena proprietà di un appartamento per civile abitazione e annesso posto auto pertinenziale, che aveva a sua volta acquistato con atto del 2017, usufruendo delle medesime agevolazioni. Premesso quanto sopra, il contribuente chiede se sia possibile: 1) richiedere l’agevolazione “prima casa” per le unità immobiliari che alla data di acquisto risultavano classificate nella categoria catastale C/2, ma urbanisticamente in corso di ristrutturazione con cambio di destinazione in civile abitazione in forza di legittimo titolo edilizio; 2) integrare l’atto di compravendita nel quale è stata omessa la richiesta delle agevolazioni “prima casa” mediante atto notarile pubblico o scrittura privata autenticata unilaterale, della sola parte acquirente, al fine di chiedere il rimborso della maggiore imposta corrisposta per il suddetto acquisto. Al riguardo, l’istante chiede se tale atto integrativo sia da assoggettare all’obbligo di registrazione e se sia esente dall’imposta di bollo; 3) fruire del credito d’imposta, in diminuzione dall’imposta di registro dovuta sull’atto di riacquisto che lo determina, nel caso in cui l’atto di riacquisto sia stato posto in essere entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con le agevolazioni ” prima casa”, ma l’atto integrativo sia formato dopo un anno dalla suddetta alienazione.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

L’istante osserva che, con la circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, è stato chiarito che le agevolazioni “prima casa” possono essere riconosciute anche nelle ipotesi in cui il trasferimento riguardi un immobile in corso di costruzione che presenti, seppure in fieri, le caratteristiche dell’abitazione “non di lusso” secondo i criteri stabiliti dal d.m. 2 agosto 1969 (da intendersi oggi, all’indomani della modifica introdotta dall’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 2011, avente categoria catastale diversa da A/1, A/8 e A/9). Al Pagina 2 di 9 riguardo, l’istante richiama la giurisprudenza costante sul punto (per tutte Cass. 10 settembre 2004, n. 18300), secondo la quale oggetto del trasferimento può essere anche un fabbricato destinato ad abitazione, ovverosia strutturalmente concepito per uso abitativo e non già idoneo a detto uso al momento dell’acquisto. A parere dell’istante, la medesima ratio ricorre nel caso di acquisto di immobili in corso di ristrutturazione che, pur essendo censiti al momento dell’acquisto in categorie catastali non abitative, sono destinati a diventare abitazioni sulla base di idonei titoli edilizi già esistenti (in tal senso cfr. Cass. n. 9150/2000; Cass. n. 5297/2001; Cass. n. 3604/2003; Cass. n. 22930/2007). Con la citata circolare n. 38/E del 2005, osserva l’istante, è stata riconosciuta, al contribuente, la possibilità di integrare l’atto di compravendita, qualora nello stesso non sia stata resa la dichiarazione prescritta dalla legge per avvalersi dell’agevolazione “prima casa” e segnatamente mediante la “dichiarazione di sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi al momento della stipula dell’atto di trasferimento … resa in atto integrativo redatto secondo le medesime formalità giuridiche”. Per “medesime formalità giuridiche”, osserva l’istante, deve intendersi che l’atto integrativo deve essere redatto nella stessa forma giuridica notarile dell’atto di compravendita e non anche la necessaria coincidenza soggettiva, potendosi ritenere sufficiente anche un atto unilaterale formato dal solo soggetto interessato, ovverosia la parte acquirente. Tale atto integrativo verrebbe formato al solo scopo di ottenere l’applicazione delle agevolazioni fiscali “prima casa” e, quindi, il rimborso della maggiore imposta di registro corrisposta per la registrazione dell’atto di compravendita da integrare. Pertanto, l’istante ritiene che detto atto integrativo non sia da assoggettare alla registrazione obbligatoria, ai sensi dell’articolo 7 del d.P.R. n. 131 del 1986 e dell’articolo 5 della Tabella, allegata al citato d.P.R., ai sensi del quale non vi è obbligo di chiedere la registrazione per gli “atti … formati per l’applicazione, riduzione … e rimborso delle imposte e tasse a chiunque dovute”. L’istante ritiene, inoltre, che detto atto poiché formato per richiedere all’ufficio Pagina 3 di 9 competente il rimborso della maggiore imposta di registro corrisposta, non sia soggetto all’imposta di bollo, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 642 del 1972, che prevede l’esenzione per gli atti e le dichiarazioni “presentati ai competenti uffici ai fini della applicazione delle leggi tributarie”, nonché per le “istanze di rimborso … di qualsiasi tributo, nonché documenti allegati alle istanze medesime”. Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge n. 448 del 1998, l’istante osserva, infine, che la disposizione de qua richiede soltanto che il contribuente riacquisti entro un anno dall’alienazione una casa di abitazione in presenza delle condizioni previste in materia di agevolazioni “prima casa”. Pertanto, sebbene per mera omissione il contribuente non ne faccia richiesta nell’atto di acquisto effettuato entro l’anno dall’alienazione, appare sufficiente che siano, comunque, presenti al momento del riacquisto le condizioni di legge affinché il contribuente possa richiedere dette agevolazioni. Nella fattispecie in esame, a parere dell’istante, deve, dunque, riconoscersi la sussistenza del credito di imposta, con la possibilità di portarlo in diminuzione dell’imposta di registro dovuta sull’atto di riacquisto, ancorché l’atto integrativo venga stipulato dopo un anno dall’alienazione della precedente consistenza immobiliare. Nel caso di specie, tale termine risulta attualmente sospeso (ai sensi dell’articolo 24 del d.l. n. 23 del 2020 e successive modifiche) dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2021. Di conseguenza, poiché la piena proprietà dell’appartamento per civile abitazione e annesso posto auto pertinenziale, già acquistata nel 2017, usufruendo delle agevolazioni fiscali “prima casa”, è stata rivenduta in data y del 2019, a parere dell’istante, deve ritenersi che l’atto integrativo de quo risulterebbe in ogni caso tempestivo se stipulato entro il mese di z del 2022. PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE In ordine al quesito di cui al punto 1), concernente la possibilità di richiedere, Pagina 4 di 9 mediante un atto integrativo, l’applicazione delle agevolazioni “prima casa” in relazione all’acquisto del 2019 della piena proprietà di un complesso immobiliare censito al Catasto Fabbricati nella categoria catastale C/2, si osserva quanto segue. L’agevolazione in esame è disciplinata dalla Nota II-bis, all’articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986 (TUR), ed è applicabile « Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla Nota II-bis». Al riguardo, si rammenta che con la circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, è stato precisato che oggetto del trasferimento deve essere un fabbricato a destinazione abitativa ovverosia “strutturalmente concepito per uso abitativo”, ammettendo peraltro che lo stesso possa trovarsi in fase di costruzione all’atto dell’acquisto. Ai fini dell’agevolazione in esame, sono ritenute “case di abitazione” i fabbricati censiti nel Catasto Fabbricati nella tipologia abitativa (categoria catastale A, con l’esclusione di A/10, “Uffici e studi privati”, ad eccezione di A/1, A/8 e A/9). Con la circolare n. 2/E del 21 febbraio 2014, (par. 1.3), è stato chiarito che a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’applicabilità delle agevolazioni “prima casa” risulta vincolata, ai fini dell’imposta di registro, alla categoria catastale in cui è classificato o classificabile l’immobile e non più alle caratteristiche individuate dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969. Inoltre, è stato precisato che resta fermo che le agevolazioni “prima casa” si applicano anche nel caso di trasferimento di immobile in corso di costruzione, in presenza dei requisiti previsti dalla citata Nota II-bis, sempreché l’immobile sia classificabile nelle menzionate categorie catastali (da A/2 ad A7).

La possibilità di fruire delle agevolazioni “prima casa” nelle ipotesi di immobili non abitativi ma per i quali sia possibile un cambio di destinazione è stata oggetto di pronunce favorevoli da parte della Corte di Cassazione (cfr. Cass. nn. 18300 del 10 settembre 2004 e 14396 del 7 giugno 2013). In particolare, nella sentenza del 10 settembre 2004, n. 18300, con riferimento Pagina 5 di 9 alla normativa previgente in materia di “prima casa” (contenuta nella legge 22 aprile 1982, n. 168), si afferma che l’agevolazione spetta anche nel caso di “acquisto di un immobile, al momento assoggettato ad uso diverso da quello abitativo, allo scopo di farne, da parte dell’acquirente, la propria abitazione”, e che “ai fini dell’applicazione delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 1, 6 comma, l. 22 aprile 1982 n. 168, in materia di trasferimento dei fabbricati destinati ad abitazione non di lusso, è sufficiente che l’immobile oggetto dell’acquisto possa essere destinato ad abitazione, non essendo richiesto dalla norma che esso sia già adibito a tale funzione al momento dell’acquisto.”.

In merito alla fattispecie in esame, occorre considerare, tuttavia, che l’acquisto dell’immobile classificato nella categoria C/2, rappresenta un riacquisto di “altro immobile da adibire a propria abitazione principale”, al fine di evitare la decadenza dalle agevolazioni fruite, nel caso di alienazione dell’abitazione agevolata entro i cinque anni dall’acquisto (cfr. comma 4 della Nota II-bis). Ai sensi del citato comma 4, infatti, «In caso di (…) trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. Se si tratta di cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, l’ufficio dell’Agenzia delle entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima. Sono dovuti gli interessi di mora di cui al comma 4 dell’articolo 55 del presente testo unico. Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici di cui al presente Pagina 6 di 9 articolo, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.». Dunque, ai sensi dell’ultimo comma della citata norma, la decadenza dal regime di favore è evitata se il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile agevolato, effettuata prima del decorso del quinquennio, proceda all’acquisto di un altro immobile “da adibire a propria abitazione principale”. Al riguardo, è stato anche chiarito che la decadenza dal beneficio non si verifica anche nel caso in cui il contribuente provveda all’acquisto di un terreno sul quale venga realizzato, entro un anno dalla vendita, un immobile utilizzabile come abitazione principale (cfr. risoluzione n. 44/E del 16 marzo 2004). La circolare n. 38/E del 2005 precisa, al riguardo, che per conservare l’agevolazione in commento, è necessario che entro il termine di un anno il beneficiario non solo acquisti il terreno, ma sullo stesso realizzi un fabbricato non di lusso da adibire ad abitazione principale. Con riferimento alla fattispecie in esame, coerentemente con i chiarimenti sopra indicati, si ritiene che l’istante dovrà dimostrare la destinazione a propria abitazione principale dell’immobile riacquistato in comproprietà, oggetto del cambio di destinazione d’uso, entro un anno dalla registrazione dell’atto originario. Tale termine attualmente è sospeso, ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge n. 23 del 8 aprile 2020 e successive modifiche, dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2021. In merito al quesito di cui al punto 2), concernente la richiesta di fruire dell’agevolazione, per il suddetto acquisto, mediante un atto integrativo del precedente atto di compravendita, come chiarito dalla citata circolare n. 38/E del 2005, deve riconoscersi la possibilità che, con atto successivo il richiedente renda le dichiarazioni previste dalla legge ed erroneamente omesse nell’atto di acquisto. Ciò che conta per l’applicazione del beneficio fiscale in parola è che la dichiarazione di sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi al momento della stipula dell’atto di trasferimento sia resa in atto integrativo redatto secondo le Pagina 7 di 9 medesime formalità giuridiche. Riconosciuta la possibilità che l’originario atto di compravendita possa essere integrato dalle dichiarazioni necessarie a fruire del regime di favore, consegue che, anche l’atto con il quale si acquista una nuova abitazione dopo l’alienazione della “prima casa” precedentemente acquistata con i benefici, possa essere integrato degli elementi richiesti per ottenere l’agevolazione e della relativa documentazione. Dunque, se la dichiarazione di voler fruire delle agevolazioni “prima casa” per l’immobile in corso di trasformazione d’uso al momento dell’acquisto in abitazione di categoria diversa da A/1, A/8 e A/9, non sia stata resa nell’atto di acquisto, si ritiene che l’istante possa dichiarare con un atto integrativo del precedente atto di acquisto, di voler fruire delle agevolazioni in esame con riferimento al citato acquisto, a condizione che risultino integrate tutte le altre condizioni previste dalla citata Nota IIbis. Detto atto integrativo da redigersi nella stessa forma dell’atto oggetto di integrazione, dovrà essere registrato in termine fisso, con l’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, della Tariffa, Parte I, allegata al TUR, quale atto non avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale. Tale atto andrà assoggettato ordinariamente all’imposta di bollo, non ravvisando l’ipotesi di esenzione prevista dall’articolo 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642. In relazione, infine, al quesito di cui al punto 3) relativo al credito d’imposta per l’atto di acquisto del predetto complesso immobiliare, si rammenta che l’articolo 7, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, prevede che «ai contribuenti che provvedono ad acquisire, a qualsiasi titolo, entro un anno dall’alienazione dell’immobile per il quale si è fruito dell’aliquota agevolata prevista ai fini dell’imposta di registro e dell’imposta sul valore aggiunto per la prima casa, un’altra casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis all’articolo 1 della tariffa, parte I, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Pagina 8 di 9 Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, è attribuito un credito d’imposta fino a concorrenza dell’imposta di registro o dell’imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione al precedente acquisto agevolato». Al riguardo, con la circolare n. 38/E (par. 9) citata, è stato chiarito, come sopra ricordato, che anche l’atto con il quale si acquista una nuova abitazione dopo l’alienazione della prima casa precedentemente acquistata con i benefici, può essere integrato degli elementi richiesti per ottenere l’agevolazione e della relativa documentazione. In tal caso, non è preclusa la spettanza del credito d’imposta di cui all’articolo 7 della legge n. 448 del 1998, sempre che il contribuente sia in possesso della documentazione comprovante l’effettiva sussistenza dei requisiti (cfr. risoluzione 12 marzo 2002, n. 84/E). Nella fattispecie in esame, tale credito d’imposta potrà essere riconosciuto solo in favore dell’istante, acquirente pro-quota indivisa dell’immobile destinato ad abitazione di categoria diversa da A/1, A/8, A/9, in quanto unico titolare dell’abitazione acquistata con i benefici “prima casa” precedentemente alienata. Come chiarito con la circolare del 1 marzo 2001, n. 19/E il credito d’imposta è un credito personale. Esso, infatti, compete al contribuente che, al momento dell’acquisizione agevolata dell’immobile, abbia alienato da non oltre un anno la casa di abitazione da lui stesso acquistata con l’aliquota agevolata prevista ai fini dell’imposta di registro o dell’IVA. Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza

PREZZO MASSIMO DI CESSIONE – DELIBERA COMUNE DI ROMA DICEMBRE 2020

PREZZO MASSIMO DI CESSIONE – DELIBERA COMUNE DI ROMA DICEMBRE 2020

L’Assemblea del Consiglio comunale di Roma ha approvato il 20 dicembre 2021 una importante delibera in materia di edilizia residenziale pubblica e nello specifico, dei vincoli relativi al prezzo massimo di cessione ed al canone massimo di locazione degli immobili realizzati su aree concesse in diritto di proprietà o di superficie.

Questa delibera interviene in una materia che ha subito negli ultimi due decenni una serie di interventi legislativi e giurisprudenziali molto radicali, come esplicitamente dichiarato dalla medesima, allo scopo di adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale del 5 novembre 2021 n.210.

Il comune di Roma ha così affermato che relativamente agli immobili realizzati su aree concesse in diritto di proprietà o successivamente trasformati in diritto di proprietà perché in origine in proprietà superficiaria il vincolo circa il prezzo massimo di cessione od il canone massimo di locazione non ha durata illimitata .

Questo principio deriva dal carattere convenzionale dei vincoli e limiti imposti che, come tali, non possono avere durata eterna .

Ma la durata stabilita nella convenzione per tutti i vincoli e limitazioni è comunque di un massimo di venti anni.

Trascorso questo termine non sarà più necessario alcun atto di affrancazione , in quanto tali Immobili saranno trasferibili ad un prezzo libero.

Vediamo ora nel dettaglio le affermazioni molto importanti su questo tema specifico contenute dalla sentenza della corte costituzionale alla quale il Comune di Roma ha inteso adeguarsi.

Pertanto il Comune di Roma ha focalizzato la sua attenzione su questo fondamentale passo :

“Occorre, poi, considerare che il termine per l’affrancazione – peraltro presente nell’art. 31, comma 49-bis, della legge n. 448 del 1998, sin dalla sua introduzione ad opera dell’art. 5, comma 3-bis, del d.l. n. 70 del 2011 – si mostra coerente con l’opzione di fondo per la non perpetuità dei vincoli, che emerge dalla legislazione in materia di edilizia convenzionata e di cui si ha significativa conferma non solo nella previsione, già nell’originario impianto della legge n. 865 del 1971, di un termine ventennale per l’eliminazione del vincolo di inalienabilità degli alloggi concessi in piena proprietà (art. 35, comma diciassettesimo), ma anche nella successiva introduzione di moduli consensuali, come le convenzioni per la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà e per la sostituzione dei vincoli originari con quelli della convenzione ai sensi dell’art. 18 del d.P.R. n. 380 del 2001, disciplinate dall’art. 31, commi 45 e 46, della legge n. 448 del 1998, dalla cui adozione deriva anche una riduzione della durata del vincolo del prezzo massimo di cessione.”

Pertanto si può riassumere la presa di posizione dell’Assemblea Capitolina in una presa d’atto del pensiero della Corte Costituzionale che ha affermato molto chiaramente la non perpetuità dei vincoli contenuti nelle convenzioni che concedano originariamente od a seguito di trasformazione del diritto di superficie , gli alloggi in piena proprietà.

Non perpetuità che riguarda anche il vincolo del prezzo massimo di cessione e del canone massimo di locazione, che pertanto avrà una durata massima ventennale

QUI DI SEGUITO VIENE RIPORTATO IL TESTO DELLA DELIBERA

Protocollo RC n. 42837/2021 Anno 2021
Ordine del giorno n. 54
162a Proposta (D.G.C. n. 133 del 21 dicembre 2021)
Presa d’atto dei contenuti della Sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 23.09.2021.
Cessazione dei vincoli convenzionali del prezzo massimo di cessione e del canone di locazione
riguardo unità immobiliari realizzate ex art. 35 della Legge 865/1971 in diritto di proprietà o
trasformate da diritto di superficie in diritto di proprietà.
l.
14 DIC. 2021
Prot. n. 01
Deliberaz one e si sottopone all’approvazione
dell’Assemblea Capitolina
Oggetto: Presa d’atto dei contenuti della Sentenza della Corte Costituzionale n. 21 O del
23.09.2021. Cessazione dei vincoli convenzionali del prezzo massimo di cessione e del canon
di locazione riguardo unità immobiliari realizzate ex art. 35 delle Legge 865/1971 in diritto di
proprietà o trasformate da diritto di superficie in diritto di proprietà.
Parere Ufficio proponente
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 49,
comma 1, del D.Lgs. del 18/8/2000 n. 267
si esprime parere favorevole in merito alla
regolarità tecnica della proposta di
deliberazione in oggetto.
Premesso che:
con la Sentenza n. 18135 del 16.09.2015 della Suprema Corte di CasfaiieRO:~~m~~~è__J
stato affermato il principio secondo cui il vincolo del prezzo massim
realizzati in regime convenzionale ex art. 35 della Legge n. 865/1971 ssiiu””ia3reèi~:”:’E’:fii;:=8t~edbJ
bene, con efficacia indefinita, a meno che non intervenga una Convenzione Integrativa a
rimuoverlo;
l’Amministrazione Capitolina, al fine di conformarsi alla Sentenza di cui al punto precedente, nel
tempo, ha adottato le seguenti deliberazioni per regolamentare l’istituto
dell’affrancazione/rimozione dei vincoli convenzionali del prezzo massimo di cessione nonché del
canone massimo di locazione, relativamente a porzioni immobiliari destinate ad unità abitative e
loro pertinenze che di seguito si riportano:
• Deliberazioni del C.S. n. 33/2015 e n. 40/2016;
• Deliberazioni della G.C. n. 13/2016, n. 108/2016 e n. 95/2017;
• Deliberazioni dell’A.C. n. 37/2018 e n. 116/2018;
in particolare con la Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 46 del 31.08.2017, Roma Capitale
ha inteso l’orientamento giurisprudenziale nel senso di affermare che, in difetto della Convenzione
Integrativa di rimozione dei vincoli prevista dall’art. 5, comma 3bis della summenzionata L.
106/2011 (che ha introdotto i commi 49bis e 49ter all’art. 31 della L. 448/1998 e dall’art. 29 comma
16 undecies della L. 14/2012), il vincolo massimo di prezzo è applicabile a tutti gli atti di
alienazione, a titolo oneroso, intendendosi lo stesso come obbligazione propter rem che, quindi,
segue il bene, prescindendo dalla titolarità dello stesso;
pertanto, in virtù del medesimo prowedimento sono stati parzialmente modificati gli Schemi di
Convenzione di cui alle Deliberazioni di C.C. n. 54/2003 del 31.03.2003, di C.C. n. 173/2005 del
25.07.2005, di C.C. n. 31/2007 del22.02.2007 e di A.C. n. 60/2014 del18.09.2014, contemplanti le
regole generali per la realizzazione e la fruizione degli interventi edilizi in regime di diritto di
superficie/proprietà, ai fini dell’adeguamento della disciplina convenzionale contenuta negli stessi
in coerenza con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione con Sentenza n.
18135 del 16.09.2015, stabilendo sostanzialmente che i limiti convenzionali- in materia di vincoli
sul prezzo massimo di cessione e del canone massimo di locazione – sono rimossi esclusivamente
avvalendosi della procedura di cui all’art.5, comma 3bis, della L. 106/2011 (che ha introdotto i
commi 49bis e 49ter all’art. 31 della L.448/1998) e come via via ulteriormente modificati;
conseguentemente, i vincoli rispetto alla determinazione obbligatoria del prezzo massimo di
cessione per le alienazioni a titolo oneroso, successive alla prima, possono essere affrancati,
decorsi i cinque anni, mediante adesione alla procedura capitolina in materia di affrancazionerimozione
del vincolo del prezzo massimo di cessione e del canone di locazione vigente nel
Comune; completata tale procedura, dette porzioni immobiliari potranno essere liberamente
commercializzate;
sempre in tale sede è stato altresì specificato che, nel caso di assegnazione convenzionale in
diritto di piena proprietà ovvero di successiva trasformazione del diritto di superficie cosi
precedentemente convenzionato in diritto di piena proprietà (in virtù di Convenzione integrativa da
sottoscriversi ai sensi dell’art. 31 della L. 448/1998), dopo venti anni si sarebbero estinti tutti gli altri
vincoli derivanti dalle convenzioni a partire dalla stipula della prima Convenzione con la quale il
Comune ha concesso il diritto di superficie ma ciò fatta eccezione per il diverso vincolo del prezzo
massimo di cessione e del canone massimo di locazione, in tal modo affermandosi la perpetuità
solamente di tale vincolo del prezzo massimo di cessione e del canone di locazione riguardo unità
immobiliari realizzate ovvero trasformate in regime di piena proprietà e da ciò derivando la
obbligatorietà della sottoscrizione di un separato e distinto atto di Convenzione integrativa di
affrancazione per la rimozione/liberazione da tali vincoli;
inoltre, con Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n.116 del 23.10.2018, esecutiva ai sensi di
Legge, Roma Capitale ha deliberato – tra l’altro – di coordinare, sistematizzare e modificare i
provvedimenti emanati in materia di trasformazione e affrancazione degli immobili ricadenti nei
, Piani di Zona del l e del Il P.E.E.P., anche adeguando la formula di calcolo del corrispettivo di
trasformazione e del canone di affrancazione dai vincoli del prezzo massimo di cessione e del
canone massimo di locazione e in tale provvedimento, nell’introdurre una soglia minima da
versarsi a titolo di corrispettivo di affrancazione ha ribadito la autonomia e perpetuità del vincolo
del prezzo massimo di cessione e del canone di locazione riguardo i casi di convenzione diretta in
diritto di piena proprietà ovvero di trasformazione da diritto di superficie in diritto di piena proprietà
e ciò anche quando siano già trascorsi 20 (venti) anni dalla stipula della Convenzione di riferimento
e conseguentemente risultino decaduti tutti gli altri vincoli convenzionali;
la Giunta Capitolina con Deliberazione n. 103 del 5.06.2020 ha individuato e posto a regime, un
quadro complesso ed articolato di semplificazione delle modalità per la presentazione delle istanze
di affrancazione degli immobili ricadenti in aree ex L. n.167 /1962, relativamente al calcolo per la
determinazione del relativo corrispettivo, secondo i criteri di cui alla Deliberazione A.C. n.116/2018
ed aveva anche espressamente stabilito che, al momento dell’emanazione ed entrata in vigore del
prescritto- a tale momento ancora non emanato- Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze,
ovvero di altra normativa, sia di rango legislativo sia di altra fonte, anche amministrativa, la
disciplina riguardante il tema della rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione fosse
automaticamente integrata ed allineata mediante provvedimenti ed atti di natura dirigenziale,
trattandosi di adeguamenti alla normativa sopravvenuta non comportanti alcuna discrezionalità da
parte di Organi deliberanti;
in data 28.09.2020 è stato emanato il Decreto del M.E.F. n. 151 del 28.09.2020 (G.U Serie
Generale 10.11.2020 n. 280), prescritto dalla normativa di riferimento (comma 49bis dell’art 31
della Legge 31.12.1998 n. 448) e lo stesso Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze all’art. 3
comma 2 stabilisce espressamente anche che “Al fine di accelerare e semplificare le procedure
volte alla stipu/azione delle convenzioni di rimozione dei vincoli, i Comuni adottano schemi di
Convenzione-tipo di rimozione dei vinco/l’;
in data 31.07.2021 è entrata in vigore la Legge 29.07.2021, n. 108 (GU n.181 del 30.07.2021 –
Suppl. Ordinario n. 26 la quale all’art. 22bis (Ulteriori disposizioni finalizzate ad accelerare le
procedure amministrative per la cessione di aree nelle quali sono stati edificati alloggi di edilizia
residenziale pubblica) apporta una serie di imponenti modificazioni al precedente regime in
materia di cui all’articolo 31 della Legge 23.12.1998, n. 448, sostituendo integralmente i commi 47,
48 e 49bis;
alla luce di quanto sopra, il Dipartimento Programmazione ed Attuazione Urbanistica, con
Determinazione Dirigenziale n. 1365 del 31.08.2021 ha, tra l’altro, stabilito di adeguare gli schemi
convenzionali in materia attualmente in uso e secondo i moduli generali ivi contenuti, anche
prevedendo modalità transitorie riguardo i calcoli, versamenti e rimborsi per i casi di corrispettivo di
trasformazione e l’indennità/corrispettivo di rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione
e sul canone di locazione (affrancazione) avvenuti antecedentemente in assenza di riferimento
anche ad uno solo dei seguenti parametri e precisamente a) Deliberazione dell’Assemblea
Capitolina n.116 del 23.1 0.2018; b) Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 151 del
28.09.2020; c) ovvero individuazione e applicazione concreta e definitiva dei criteri e valori di
calcolo di cui alla disciplina normativa dell’articolo 31 comma 49bis della Legge 23.12.1998, n. 448
ad oggi vigente quale modificata dall’art. 22 bis della Legge 29.07.2021 n. 108;
anche in detti moduli convenzionali da ultimo posti in essere, tuttora sussistono le specifiche
clausole in virtù delle quali, in caso di beni realizzati convenzionalmente in diritto di piena proprietà
ovvero di successiva trasformazione del diritto di superficie (cosi precedentemente convenzionato)
in diritto di piena proprietà (in virtù di convenzione integrativa da sottoscriversi ai sensi dell’art. 31
della L. 448/1998), e anche dopo trascorsi venti (20) anni, risultano estinti tutti i vincoli derivanti
dalle Convenzioni a partire dalla stipula della prima convenzione con la quale il Comune ha
concesso il diritto di superficie ma ciò fatta eccezione per il diverso vincolo del prezzo massimo di
cessione e del canone massimo di locazione;
in tal modo si è affermata la perpetuità di tale vincolo riguardo unità immobiliari anche se realizzate
sin dall’origine ovvero trasformate in retfgidmi eie na proprietà, e da ciò derivando la obbligatorietà
della sottoscrizione di un separato e distinto atto di Convenzione integrativa di affrancazione per la
rimozione/liberazione da tali vincoli.
Considerato, inoltre, che:
il tema della sussistenza-permanenza di tale vincolo anche dopo la decadenza di tutti gli altri
vincoli convenzionali, in caso di immobili realizzati o trasformati in regime di piena proprietà, è
sempre stato molto controverso ed è stato uno dei motivi di Ricorso Straordinario al Presidente
della Repubblica ove in particolare lo stesso ricorso ha posto in discussione tanto riguardo la
Deliberazione n. 46 del2017, quanto la Deliberazione n.116 del2018 poiché entrambi prevedono
la rimozione del vincolo di prezzo massimo di cessione riguardo tali immobili ma esclusivamente
mediante la procedura di affrancazione, decorsi cinque (5) anni dal primo atto di trasferimento;
sempre in tale ricorso si afferma che in ciò violerebbero la legge in quanto avrebbero dovuto
regolare l’istituto dell’affrancazione dal vincolo di prezzo massimo di cessione e locazione sia
garantendo il ricorso alla procedura di cui all’art. 31, comma 49bis, della Legge n. 448/1998 sia
assicurando – nel caso di già awenuta trasformazione dal diritto di superficie in diritto di proprietà
oppure nel caso di Convenzioni in diritto di proprietà stipulate successivamente all’entrata in vigore
della legge n. 662/1996 (che ha modificato il comma 13 dell’art. 35 della Legge n. 865/1971) – la
caducazione dei suddetti vincoli a seguito del semplice decorso del termine ventennale di cui all’art
31, comma 46, della Legge n.448/1998;
inoltre sempre secondo il suddetto ricorso, in ordine alla Sentenza della Corte di Cassazione a
Sezioni Unite n. 18135/2015 – richiamata dalla Delibera n. 46/2017 – il Comune di Roma ne
avrebbe dato un’interpretazione fuorviante rispetto al significato proprio, ricostruito dai ricorrenti, da
riferirsi all’alienazione del diritto di superficie ceduto ab origine in virtù della Convenzione P.E.E.P.
ex art. 35 della Legge n. 856/1971 e mai modificata; con il passaggio dalla Convenzione P.E.E.P.
alla “Convenzione ex Legge Bucalossl’, diventando il trasformante proprietario del bene, la
permanenza in perpetuo sullo stesso bene, ceduto in proprietà a seguito della trasformazione, del
vincolo di prezzo massimo di cessione rappresenterebbe una compromissione ingiustificata del
diritto di proprietà e un ostacolo alla libera commercializzazione dello stesso, finalità questa
perseguita del Decreto Legge n. 106/2011 con l’introduzione dell’art. 31, comma 49bis, della Legge
n. 448/1998;
anche sotto questo profilo, la Delibera n. 116/2018 non muterebbe in alcun modo l’illegittimo
assetto di interessi e l’ingiusta disciplina dettata dalla Deliberazione n. 46 del 2017; deriverebbe da
ciò l’illegittimità della Delibera-presupposto;
a riguardo il Consiglio di Stato – Sezione Prima nell’Adunanza di Sezione del 15.09.2021 (numero
01622/2021) ha dichiarato inammissibile il ricorso trattandosi di materia riservata alla giurisdizione
del giudice ordinario e facendo salvi, ai sensi dell’art. 11 C.P.A., gli effetti della eventuale translatio
iudicii in caso di riproposizione davanti a tale giudice;
da ultimo la Corte Costituzionale è stata investita del tema di legittimità costituzionale dell’art. 25
undecies del Decreto Legge 23.10.2018, n. 119, convertito, con modificazioni, in Legge
17.12.2018, n.136, e art. 31, c. 49bis, 49ter e 49quater, della Legge 23.12.1998, n. 448, come
modificato dal citato art.25 undecies del D.L. n. 119 del2018;
il supremo Organo di Giurisdizione Costituzionale con la Sentenza n. 210 del 23.09.2021 ha
dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale delle norme suddette sollevate, in
riferimento agli artt. 3, 24, 42, 47, secondo comma, 77, secondo comma, 101, 102, 104, 111 e 117,
primo comma, della Costituzione quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4.11.1950,
ratificata e resa esecutiva con Legge 4.08.1955, n. 848, nonché all’art. 1 del Protocollo Addizionale
alla CEDU, firmato a Parigi il 20.03.1952, ma in particolare, al punto 9 di detta Sentenza, la Corte
Costituzionale ha testualmente affermato che: “Occorre, poi, considerare che il termine per
l’affrancazione- peraltro presente nell’art. 31, comma 49bis, della Legge n. 448 del1998, sin dalla
sua introduzione ad opera dell’art. 5, comma 3bis, del D.L. n. 70 del 2011 -si mostra coerente con
l’opzione di fondo per la non perpetuità dei vincoli, che emerge dalla legislazione in materia di
edilizia convenzionata e di cui si ha significativa conferma non solo nella previsione, già
nell’originario impianto della Legge n. 865 del1971, di un termine ventennale per l’eliminazione del
vincolo di inalienabilità degli alloggi concessi in piena proprietà (art. 35, comma diciassettesimo),
ma anche nella successiva introduzione di moduli consensuali, come le Convenzioni per la
trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà e per la sostituzione dei vincoli originari
con quelli della convenzione ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. n. 380 del2001, disciplinate dall’art. 31,
commi 45 e 46, della Legge n. 448 del 1998, dalla cui adozione deriva anche una riduzione della
durata del vincolo del prezzo massimo di cessione”;
tale statuizione appare definitivamente dirimente circa il controverso tema della perpetuitàsussistenza
o meno del vincolo del prezzo massimo di cessione e del canone di locazione riguardo
i beni già convenzionalmente in origine in diritto di piena proprietà owero oggetto di successiva
trasformazione del diritto di superficie (cosi precedentemente convenzionato) in diritto di piena
proprietà (in virtù di convenzione integrativa da sottoscriversi ai sensi dell’art. 31 della L.
448/1998), e anche dopo trascorsi venti anni, occorre quindi adeguare in tali parti gli schemi
convenzionali tuttora in uso prendendo atto di tale principio di diritto e conseguentemente
stabilendo che nessun procedimento di affrancazione e nessun relativo atto notarile o scrittura
privata autenticata sono necessari nel caso sia già trascorsa la scadenza specificata nella
convenzione per la cessione in proprietà owero in quella relativa alla trasformazione da diritto di
superficie in diritto di piena proprietà; in tal caso tutti i vincoli si intendono già cessati e, quindi, gli
immobili sono liberamente commerciabili senza alcuna limitazione di prezzo o altri vincoli soggettivi
o oggettivi.
Preso atto che:
in data … ~.~\~~\11. .. , il Dirigente della U.O. Edilizia Sociale del Dipartimento Programmazione e
Attuazione Urbanistica ha espresso il parere che di seguito integralmente si riporta: “Ai sensi e per
gli effetti dell’art. 49 del T.U.E.L. approvato con D.Lgs. 267/2000 e ss.mm.ii., si esprime parere
favorevole in ordine alla regolarità tecnica della proposta di deliberazione indicata in oggetto.
Il Direttore F.to: C. Esposito
in data .. il Direttore del Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica ha
attestato – ai sensi e per gli effetti dell’art. 30, c. 1 lett. i) e j) del regolamento uffici e servizi, come
da dichiarazione in atti, la coerenza della proposta di deliberazione in oggetto con i documenti di
programmazione dell’Amministrazione, approvandola in ordine alle scelte aventi rilevanti ambiti di
discrezionalità tecnica con impatto onerale sulla funzione dipartimentale e sull’impiego delle risorse
che essa comporta.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 49 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si esprime parere favorevole
in ordine alla regolarità contabile della proposta di deliberazione di cui in oggetto, in considerazione di quanto
riportato nel dispositivo in merito alla compatibilità del presente provvedimento con le previsioni di entrata dello
schema di Slancio 2022-2024 (Decisione di Giunta n. 131 del14.12.2021) relativa ai canoni di affrancazione
dai prezzi massimi di cessione nei Piani di Zona. A
Sulla proposta è stata svolta, da parte del Segretario Generale, la funzione di assistenza giuridicoamministrativa
di cui all’art. 97, comma 2, del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti
Locali, approvato con D.Lgs. del 18.08.2000, n. 267.
per tutto quanto sopra premesso:
di prendere atto dei principi di diritto contenuti nella Sentenza della Corte Costituzionale n. 21 O del
23.09.2012 e conseguentemente riconoscere che il vincolo del prezzo massimo di cessione e del
canone di locazione riguardo i beni già convenzionalmente in origine in diritto di piena proprietà,
ovvero oggetto di successiva trasformazione del diritto di superficie (così precedentemente
convenzionato) in diritto di piena proprietà (in virtù di Convenzione integrativa ai sensi dell’art. 31
della L. 448/1998), è da intendersi decaduto per effetto dello scadere della durata della
convenzione, alla pari degli altri vincoli convenzionali di natura oggettiva e soggettiva;
di stabilire che, per gli effetti di cui al punto precedente, ai fini dell’individuazione concreta della
durata di ciascuna convenzione, si farà riferimento ai seguenti criteri:
a) riguardo le convenzioni già dall’origine sottoscritte in diritto di piena proprietà si farà
riferimento alla durata stabilita nella convenzione medesima;
b) nei casi di convenzione in diritto di proprietà ma quale trasformata poiché originariamente
stipulata in diritto di superficie, la durata della convenzione trasformata è stabilita in anni
venti quali derivanti dall’applicazione del comma 46 lettera a) dell’art. 31 delle Legge
23.12.1998, n. 448 (e successive modificazioni ed integrazioni), norma che a riguardo
stabilisce la suddetta durata di 20 anni; detta durata è da computarsi diminuendo del tempo
trascorso fra la data di stipulazione della convenzione per la concessione del diritto di
superficie e quella di stipulazione della nuova convenzione di trasformazione;
di stabilire che, in tali casi, nessun procedimento di affrancazione e nessun relativo atto notarilenegoziale
in qualunque forma sono necessari ave sia già trascorsa la scadenza specificata nella
convenzione; in tali casi tutti i vincoli si intendono già cessati per effetto del decorso del tempo e,
quindi, gli immobili sono liberamente commerciabili senza alcuna limitazione di prezzo o altri vincoli
soggettivi o oggettivi ave derivanti da Convenzione;
di adeguare in tali parti gli schemi convenzionali tuttora in uso in tale senso ed in particolare
inserendo una clausola, a sostituzione di quelle precedentemente in essere, del seguente tenore e
precisamente attestante che allo scadere della convenzione tutti vincoli convenzionali si intendono
cessati e, quindi, gli immobili sono liberamente commerciabili senza alcuna limitazione di prezzo o
altri vincoli soggettivi o oggettivi derivanti dalla Convenzione stessa;
di conferire espresso mandato agli uffici del Dipartimento Programmazione ed Attuazione
Urbanistica affinché possano modificare ed adeguare di volta in volta gli schemi convenzionali in
uso in caso di sopravvenute modificazioni normative che non comportino la spendita di
discrezionalità amministrativa di competenza degli Organi deliberanti;
di stabilire che, poiché il presente provvedimento modifica/integra schemi di convenzione a
carattere generale e quindi costituisce atto di indirizzo di natura regolamentare, è pienamente
compatibile con le previsioni di entrata del Bilancio 2022 ai canoni di affrancazione dai
prezzi massimi di cessione nei Piani di Zona.

Risoluzione sul prezzo valore per i terreni di pertinenza

Risoluzione sul prezzo valore per i terreni di pertinenza

Una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 2008 ha chiarito che ove un terreno venga acquistato come pertinenza di una abitazione o comunque di un fabbricato :

Il principio del”prezzo valore” consente di versare le imposte di registro, ipotecaria e catastale  relative agli atti immobiliari prendendo a base imponibile il valore catastale dell’immobile e delle relative pertinenze in luogo del prezzo effettivo che va comunque dichiarato.

Questo importante principio consente a colui che acquista un immobile a destinazione abitativa e relative pertinenze , di poter dichiarare il prezzo effettivo versato al venditore.

Ciò consente non solo la piena tracciabilità dei pagamenti effettuati ma soprattutto di versare le imposte sul valore catastale dell’immobile rivalutato per un coefficente che varia a seconda della circostanza che sia possibile richiedere le agevolazioni per la prima casa o meno.

E’ importante sottolineare che questa possibilità non è consentita per vari tipologie di immobili:

negozi, uffici ;

inoltre per gli immobili la cui cessione è assoggettata ad Iva  l’imposta verrà calcolata sul prezzo dichiarato e pertanto nemmeno in tale caso verrà preso a base il valore catastale come sopra determinato.

Mentre è possibile per le pertinenze: box, cantine, tettoie qualunque sia il loro numero.

Con tale risoluzione si è chiarito che tale prezzo valore si può applicare anche ai terreni pertinenziali

La questione affrontata dalla risoluzione è quella di una persona fisica che acquisti un fabbricato ed un lotto di terreno e nell’atto indichi la volontà di rendere pertinenziale il lottodi terreno

Così è possibile applicare la cosiddetta disciplina del prezzo valore

La base imponibile per la tassazione non sarà costituita dal prezzo degli immobili ma dal loro valore catastale  e l’aliquota applicabile sarà anche per il terreno quella dei fabbricati ( nove per cento)

per una migliore comprensione si riproduce il testo della risoluzione

RISOLUZIONE N. 149/E

Roma, 11 aprile 2008

Giovannini Gianluca Direzione Centrale Normativa e Contenzioso

OGGETTO: Istanza di interpello – Applicazione del c.d. sistema del “prezzo valore” alla cessione di un fabbricato ad uso abitativo e relative pertinenze – Nozione di pertinenza ai fini tributari – Articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266

Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge Finanziaria per il 2006), é stato esposto il seguente QUESITO Il Dott. X, notaio in ……, ha ricevuto in data 14 novembre 2007 un atto tra persone fisiche con il quale viene ceduto in vendita un compendio immobiliare composto di terreni e fabbricati in unico corpo, trattandosi in particolare di un appezzamento di terreno (di circa 20.000 mq) al centro del quale si eleva un fabbricato ad uso di abitazione del tipo villa padronale (di circa 320 mq) con annesso altro fabbricato ad uso non abitativo (di circa 83 mq). I predetti immobili sono distinti al Catasto dei Fabbricati del Comune …… al foglio 9, particelle 138 (abitazione) e 590 (fabbricato accessorio), che 2 rappresentano, graficamente, le costruzioni ed una porzione di terreno pertinenziale individuato al Catasto Terreni sempre al foglio 9, sub diverse particelle. Le parti hanno convenuto un prezzo unico per l’intero complesso di euro 1.150.000,00 che, ai soli fini fiscali, hanno indicato doversi imputare per euro 1.120.000,00 ai fabbricati e per euro 30.000,00 ai terreni pertinenziali. Dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune …… in data ….. 2007, risulta che detti terreni sono interamente ricompresi in area “E1 – Zona Agricola”. Essi, nell’intenzione delle parti acquirenti, sono destinati a pertinenza del bene principale e non sono utilizzati per fini agricoli. Atteso ciò, dovendo il notaio istante procedere alla registrazione del predetto atto di compravendita, viene chiesto di sapere se gli acquirenti relativamente alla determinazione del prezzo riferito sia ai fabbricati che ai terreni, possano avvalersi della disposizione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005 (c.d. meccanismo del ‘prezzo valore’), di modo che la base imponibile, ai fini dell’imposta di registro, ipotecarie e catastali, da liquidare, in deroga a quanto previsto dall’articolo 43 del Testo Unico concernente l’imposta di registro, sia costituita, indipendentemente dal corrispettivo pattuito, dal valore degli immobili determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del predetto Testo Unico. Ulteriore quesito avanzato con l’istanza in esame riguarda la possibilità di considerare pertinenziali al fabbricato i terreni a destinazione agricola e, quindi, se esista una nozione di pertinenza rilevante ai fini tributari differente da quella prevista ai fini civilistici.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

Sulla scorta di precedenti interpretazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria (circolare n. 6 del 2006, risoluzione n. 32 del 2006) è da ritenersi che ai fini fiscali non esiste un’autonoma nozione di pertinenza, rilevando quella 3 civilistica e che, conseguentemente, si applichi al caso di specie, la disposizione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005. Conseguentemente, al trasferimento dei terreni si applica la medesima aliquota dei trasferimenti di immobili urbani (7 per cento) e ciò in quanto le pertinenze sono attratte nella disciplina impositiva del bene principale. Dubbi al riguardo possono ricorrere allorquando le parti fissano due distinti “prezzi-valore”, ognuno dei quali riferiti, rispettivamente, al bene principale ed a quello pertinenziale.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Al fine di un puntuale esame del quesito esposto dall’interpellante, si osserva quanto segue. L’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha espressamente previsto che: “In deroga alla disciplina di cui all’articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l’applicazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d), ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attivita’ commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e’ costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento”. 4 Tale disposizione costituisce una deroga alla regola generale propria del sistema impositivo dell’imposta di registro, in base alla quale, per gli atti a titolo oneroso che hanno ad oggetto beni immobili e diritti reali immobiliari, la base imponibile é costituita, ai sensi del combinato disposto degli articoli 43, comma 1, e 51, commi 1 e 2, del Testo Unico dell’imposta di registro, approvato con DPR 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR), dal valore dei beni e dei diritti dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanza o se superiore, dal corrispettivo pattuito. In deroga al predetto principio generale, l’articolo 52 del TUR, ai commi 4 e 5, consente di indicare, quale base imponibile rilevante ai fini fiscali, il valore catastale dell’immobile trasferito. In base all’espressa previsione recata dall’articolo 1, comma 497, della legge finanziaria 2006, il principio del c.d. ‘prezzo-valore’ unitamente agli immobili ad uso abitativo si applica anche alle pertinenze degli stessi. Ciò posto, si osserva, altresì, che effettivamente, ai fini fiscali, non esiste una nozione di pertinenza divergente da quella di cui agli articoli 817 e seguenti del codice civile, secondo cui: “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”. In definitiva, presupposti fondamentali per la sussistenza del c.d. vincolo pertinenziale sono due: l’‘elemento soggettivo’, rappresentato dalla volontà effettiva di creare un vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale tra due beni; l’‘elemento oggettivo’, consistente nel rapporto funzionale corrente tra la cosa principale e quelle accessorie. Atteso ciò, per quanto concerne il regime fiscale applicabile, ai fini dell’imposta di registro, alle pertinenze si fa presente che l’articolo 23, comma 3, del TUR, dispone che: “Le pertinenze sono in ogni caso soggette alla disciplina prevista per il bene al cui servizio od ornamento sono destinate”. 5 A tal riguardo, con la circolare del 1 marzo 2007, n. 12/E, è stato chiarito che alle pertinenze si applica la disciplina dettata per la tipologia del fabbricato principale, purchè nell’atto di cessione si dia evidenza del c.d. ‘vincolo pertinenziale’, che rende il bene servente una proiezione del bene principale. Alla luce di tale quadro normativo, si osserva che l’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, non pone alcuna restrizione né in ordine alla tipologia, né in ordine al numero delle pertinenze che rilevano per poter avvalersi del regime del c.d. ‘prezzo valore’. Ciò diversamente, ad esempio, dalla previsione recata in materia di agevolazione fiscale prevista per la c.d. ‘prima casa’ (nota II-bis, all’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR). Pertanto, il meccanismo del c.d. ‘prezzo-valore’ trova applicazione anche relativamente ad una molteplicità di pertinenze, purchè, ovviamente, sia individuabile in modo certo il rapporto di accessorietà del bene pertinenziale rispetto al bene principale, il quale, ai fini del godimento della disposizione in esame, deve necessariamente essere un ‘immobile ad uso abitativo’. Inoltre, affinché possa trovare applicazione la disposizione introdotta dalla legge finanziaria 2006 è necessario che gli immobili pertinenziali siano suscettibili di valutazione automatica e, quindi, che siano dotati di una propria rendita catastale. Ciò posto, per i motivi sopra esposti, rilevano anche in questa sede le precisazioni fornite con la circolare del 13 febbraio 2006, n. 6 (punto 11.1), laddove é stato chiarito che: “(…) non emergono limitazioni quantitative all’acquisto di immobili con destinazione pertinenziale. Pertanto, il nuovo regime opzionale di determinazione della base imponibile, ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, potrà essere applicato a tutti gli atti di cessione di immobili pertinenziali, salvo naturalmente che tale destinazione risulti dall’atto di acquisto”. Conclusivamente, si ritiene di poter condividere il parere espresso dalla Direzione Regionale, con la nota prot. n. ….., del ….. 2008, e cioè che, nel caso di specie, si possa applicare il meccanismo del c.d. ‘prezzo-valore’ alla cessione 6 dei terreni agricoli laddove – in base alle vigenti disposizioni civilistiche – detti terreni costituiscano effettivamente una ‘pertinenza’ del fabbricato abitativo, con la conseguente individuazione della base imponibile nel valore catastale, calcolato ai sensi dei commi 4 e 5 del richiamato articolo 52 del citato TUR e con l’applicazione dell’aliquota propria applicabile al bene principale (fabbricato) ai sensi dell’articolo 1, della Tariffa, Parte Prima, allegata al predetto TUR. La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale in data ….. 2007, viene resa dalla scrivente ai sensi dell’articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209. Le Direzioni Regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente risoluzione vengano applicati con uniformità.

AGEVOLAZIONI PER ACQUISTO UNDER 36

AGEVOLAZIONI PER ACQUISTO UNDER 36

Il decreto legge n.73 del 25 maggio 2021 ( il cosiddetto decreto sostegni bis) introduce una serie di agevolazioni nuove limitate all’anno in corso  ed all’anno 2022 fino al 30 giugno per coloro che nel corso dell’anno 2021 compiranno un’età inferiore ai 36 anni..

Gli under 36 saranno ammessi alle agevolazioni a condizione che l’Isee sia non superiore a 40.000 euro annui.

ESENZIONE IMPOSTE

L’art.64  comma sei del decreto legge dispone che:

” Gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di “prime case” di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, come definite dalla nota II-bis dell’art.1 della tariffa parte prima del Testo unico in materia di imposta di registro, , e gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse sono esenti dall’imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale se stipulati a favore di soggetti che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell’anno in cui l’atto è rogitato e che hanno un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente, stabilito ai sensi del regolamento di cui al D.P.C.M  5/12/2013 n.150 non superiore a 40.000 euro annui.”

Viene disposta quindi l’esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale , ma non dell’imposta di bollo e  dalla tassa ipotecaria.

Inoltre il comma successivo prevede un credito di imposta per gli stessi soggetti che effettuino un acquisto soggetto all’imposta sul valore aggiunto e non all’imposta di registro

CREDITO DI IMPOSTA

Infatti il comma 7 dispone che

  Per gli atti di cui al comma 6, relativi a cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, è attribuito agli acquirenti che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell’anno in cui l’atto è stipulato un credito d’imposta di ammontare pari all’imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione all’acquisto. Il credito d’ imposta può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito, ovvero può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto; può altresì essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs n.24171997. Il credito d’imposta in ogni caso non dà luogo a rimborsi.

ESENZIONE IMPOSTA SOSTITUTIVA PER I MUTUI

Infine il comma 8  stabilisce l’esenzione dall’imposta sostitutiva per i mutui stipulati dagli under 36 alle condizioni sopra indicate:

”  I finanziamenti erogati per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo per i quali ricorrono le condizioni e i requisiti di cui al comma 6 e sempreché la sussistenza degli stessi risulti da dichiarazione della parte mutuataria resa nell’atto di finanziamento o allegata al medesimo sono esenti dall’imposta sostitutiva delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative, prevista in ragione dello 0,25 % dall’art.18 del d.p.r  .n.601/1973

Per riassumere abbiamo esenzione da imposta di registro, ipotecaria e catastale, un credito di imposta in caso di assoggettamento all’Iva e l’esenzione dall’imposta sostitutiva sui mutui

Ma il tutto a condizione che si rientri nei limiti di cui sopra dell’Isee.

COSA E’ L’ISEE

Vengono pertanto richiamate le norme in materia di Isee che sono contenute nel DPCM 5 dicembre 2013 n-159.

 L’ISEE è lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate ed è calcolato, con riferimento al nucleo familiare di appartenenza del richiedente ed è jl rapporto tra l’ISE,  determinato secondo il detto DPCM e il parametro della scala di equivalenza corrispondente alla specifica composizione del nucleo familiare.

L’ISE è la somma dell’indicatore della situazione reddituale, determinato ai sensi dell’articolo 4 del provvedimento, e del venti per cento dell’indicatore della situazione patrimoniale

L’ISEE è calcolato sulla base delle informazioni raccolte con il modello di DSU,  e delle altre informazioni disponibili negli archivi dell’INPS e dell’Agenzia delle entrate acquisite dal sistema informativo dell’ISEE,

Il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU,

Il figlio minore di anni 18 fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive.

 Il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato.

L’indicatore della situazione reddituale è determinato sulla base dei redditi e delle spese e franchigie  riferite a ciascun componente ovvero al nucleo familiare.

 Il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti:

a)  reddito complessivo ai fini IRPEF;
b)  redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta;
c)  ogni altra componente reddituale esente da imposta, nonché i redditi da lavoro dipendente prestato all’estero tassati esclusivamente nello stato estero in base alle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni;
d)  i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l’obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA; a tal fine va assunta la base imponibile determinata ai fini dell’IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato
e)  assegni per il mantenimento di figli effettivamente percepiti;
f)  trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a);
g)  redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell’IMU,  se compatibili con la predetta disciplina, non indicati nel reddito complessivo di cui alla lettera a), comma 1, del presente articolo. A tal fine i redditi dei fabbricati si assumono rivalutando la rendita catastale del 5 per cento e i redditi dei terreni si assumono rivalutando il reddito dominicale e il reddito agrario, rispettivamente, dell’80 per cento e del 70 per cento. Nell’importo devono essere considerati i redditi relativi agli immobili all’estero non locati soggetti alla disciplina dell’imposta sul valore degli immobili situati all’estero non indicati nel reddito complessivo di cui alla lettera a), comma 1, del presente articolo, assumendo la base imponibile determinata ai sensi dell’articolo 70, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi
h)  il reddito figurativo delle attività finanziarie, determinato applicando al patrimonio mobiliare complessivo del nucleo familiare, individuato secondo quanto indicato all’articolo 5 con la sola esclusione dei depositi e conti correnti bancari e postali, di cui al medesimo articolo 5, comma 4, lettera a), il tasso di rendimento medio annuo dei titoli decennali del Tesoro ovvero, ove inferiore, il tasso di interesse legale vigente al 1° gennaio maggiorato di un punto percentuale;
i)  il reddito lordo dichiarato ai fini fiscali nel paese di residenza da parte degli appartenenti al nucleo, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE), convertito in euro al cambio vigente al 31 dicembre dell’anno di riferimento del reddito.
 L’indicatore della situazione patrimoniale è determinato sommando, per ciascun componente del nucleo familiare, il valore del patrimonio immobiliare di cui ai commi 2 e 3, nonché del patrimonio mobiliare di cui al comma 4.
L’attestazione dei requisiti ISEE viene effettuata tramite il DSU
Cos’è ?
Il richiedente presenta un’unica dichiarazione sostitutiva in riferimento al nucleo familiare di cui all’articolo 3, ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell’ISEE. La DSU ha validità dal momento della presentazione al 15 gennaio dell’anno successivo.

La DSU ha carattere modulare, componendosi di:

a)  un modello base relativo al nucleo familiare;
b)  fogli allegati relativi ai singoli componenti;
c)  moduli aggiuntivi, di cui è necessaria la compilazione qualora rilevino ai fini del computo dell’ISEE le componenti aggiuntive, di cui all’allegato 2;
d)  moduli sostitutivi, in caso di richiesta dell’ISEE corrente, di cui all’articolo 9;
e)  moduli integrativi, nel caso si verifichino le condizioni di cui all’articolo 11, commi 7 e 8, nonché del comma 7, lettera e), primo periodo, del presente articolo.

 La DSU è presentata ai comuni o ai centri di assistenza fiscale  o direttamente all’amministrazione pubblica in qualità di ente erogatore al quale è richiesta la prima prestazione o alla sede dell’INPS competente per territorio. È comunque consentita la presentazione della DSU all’INPS, in via telematica, direttamente a cura del richiedente. A tal fine, l’INPS rende disponibili modalità di compilazione telematica assistita della DSU.

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RISOLUZIONE DONAZIONE E PERDITA AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

RISOLUZIONE DONAZIONE E PERDITA AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

Molto interessante la risposta ad interpello n.77   data dall’Agenzia delle Entrate il 2 febbraio 2021,

Il quesito riguardava un caso che si presenta molto spesso nella esperienza notarile.

Per ottenere nell’acquisto di un’abitazione le agevolazioni per la prima casa che comportano una imposizione fiscale piuttosto leggera , due per cento contro nove per cento, è necessario che l’acquirente non sia titolare del diritto di proprietà , nuda proprietà, usufrutto, uso od abitazione su altro immobile acquistato con le stesse agevolazioni.

Qualora invece il medesimo sia titolare di un altro immobile acquistato con le stesse agevolazioni il TU in materia di imposta di registro consente che si possano richiedere ugualmente le agevolazioni qualora l’immobile già posseduto venga trasferito entro un anno dal nuovo acquisto agevolato.

E’ possibile che il trasferimento entro l’anno successivo avvenga anche per donazione.

Ma capita spesso che la donazione, comportando poi seri problemi nell’alienazione successiva dello stesso immobile o nella concessione in garanzia dello stesso per l’ottenimento di un mutuo, si ricorra alla risoluzione della stessa donazione.

Essa risoluzione o mutuo dissenso  viene considerato dalla giurisprudenza più recente della Suprema Corte come atto che può avere efficacia retroattiva ,  facendo venir meno la donazione fin dall’origine, come se non fosse mai avvenuta.

Questa eliminazione dell’alienazione donativa potrebbe far supporre che venga meno con la donazione anche il presupposto per mantenere le agevolazioni prima casa .

La risposta in oggetto , invece, fuga ogni dubbio affermando che l’agevolazione non venga meno in quanto la risoluzione” non rientra tra le cause che la legge prevede come cause di decadenza della stessa .”

Soluzione un po’ affrettata ma che comunque assicurerà in futuro la tranquillità di molti soggetti che si ritrovano in una situazione come quella descritta.