PREZZO MASSIMO DI CESSIONE – TRIBUNALE ROMA 18 12 2019

Il 18 dicembre 2019 è stata pubblicata la sentenza del Tribunale civile di Roma che si segnala per alcune affermazioni contenute nel provvedimento.

Il caso all’esame del Tribunale è la consueta compravendita tra due persone fisiche di un immobile in diritto di proprietà superficiaria in un comparto di edilizia convenzionata ad un prezzo superiore a quello massimo imposto.

Viene proposta dall’acquirente un’azione per ottener la dichiarazione di nullità parziale del contratto circa la clausola di determinazione del prezzo con sostituzione automatica del corrispettivo con quello massimo imposto.( ex art 1419 c.c.)

Come negli altri casi ne segue la richiesta dell’acquirente di restituzione della parte del prezzo eccedente quella fissata come prezzo massimo, nel solco tracciato dalla famosa sentenza delle Sezioni Unite della Massima Corte del 2015.

Copione già visto in molte altre fattispecie portate all’attenzione dei vari tribunali  .

Nel frattempo è stata approvata la legge n.136/2018  nel dichiarato intento di evitare infinite controversie in questa spinosa materia.

Tale legge all’ art 25 undecies ha modificato i termini della questione, consentendo a chiunque vi abbia interesse , pertanto anche ai precedenti proprietari o i loro eredi, di chiedere ed ottenere l’affrancazione dal prezzo massimo di cessione contro il pagamento di una cifra determinata dal Comune.

Non solo, ma  con tale legge viene stabilito che in pendenza della rimozione del vincolo  , il contratto d trasferimento dell’immobile non produce effetto circa la parte del prezzo eccedente la cifra imposta come massima , aggiungendo che la relativa pretesa di rimborso dell’eccedenza si estingue con l’affrancazione del vincolo.

Infine dispone che la norma ha efficacia retroattiva.

Una norma dirompente che ha buttato all’aria il solito schema di richiesta della differenza tra prezzo imposto e quello effettivamente versato che aveva ingolosito molti acquirenti.

La sentenza che qui si commenta è tra le prime che affronta la questione facendo applicazione dei principi stabiliti dalla recente normativa.

Il tribunale ha stabilito che , avendo presentato il cedente  al Comune istanza di affrancazione .una volta dichiarato nullo parzialmente il contratto di trasferimento con sostituzione ope legis della clausola del prezzo convenuto con quello imposto, non è ammissibile l’azione dell’acquirente per la restituzione della parte di corrispettivo eccedente quella imposto come massimo in quanto, è pendente il procedimento per l’affrancazione

Ciò in quanto per il Tribunale la domanda di affrancazione comporta la non ripetibilità della somma perché l’accoglimento dell’affrancazione e la stipula della relativa convenzione con il comune determina retroattivamente l’estinzione della domanda di restituzione dell’eccedenza venendo meno il presupposto della illiceità del maggior corrispettivo versato.

Il corrispettivo diviene libero con efficacia retroattiva con estinzione di ogni pretesa della parte acquirente che ha versato il maggior corrispettivo.

Ciliegina sulla torta : viene esclusa la responsabilità del notaio rogante in quanto l’atto era stato stipulato nella vigenza di un ‘opinione giurisprudenziale e prassi comunale che affermava la libera commerciabilità degli alloggi convenzionati dopo la prima cessione, cioè ante la famosa sentenza delle Sezioni unite della suprema Corte del 2015

Una riflessione :

la nullità parziale diviene inefficacia in seguito alla presentazione della richiesta di affrancazione dal prezzo massimo.

La stipula della convenzione con il Comune che elimina il prezzo massimo determina il venire meno di qualsiasi pretesa restitutoria dell’acquirente.

Questo il ragionamento del Tribunale che lascia però qualche interrogativo .

Non sarebbe più corretto sostenere che la norma della nuova legge consente alla richiesta di affrancazione di riqualificare il maggior prezzo convenuto come solo inefficace fino all’affrancazione eliminando la causa di nullità?