Circolare in materia di credito di imposta ed agevolazioni prima casa

CIRCOLARE   N. 19/E          

OGGETTO: Disciplina dei trasferimenti immobiliari ai fini delle imposte indirette. Beneficio del credito d’imposta previsto dalla legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 7, commi 1 e 2 – Agevolazioni tributarie.

INDICE

PARTE PRIMA

Disciplina del beneficio del credito d’imposta relativo ai trasferimenti immobiliari  “prima casa”.

1.1.           Generalità                                                                                       pag. 3

1.2.           Ambito di applicazione del credito d’imposta                                pag. 4

1.3.           Modalità di richiesta del credito                                                     pag. 8

1.4.           Determinazione del credito                                                            pag. 9

1.5.           Utilizzo del credito                                                                         pag. 13

1.6.           Prescrizione                                                                                    pag. 17

1.7.           Decadenza dai benefici tributari                                                     pag. 18

PARTE SECONDA

Disciplina della agevolazione “prima casa” ai fini delle imposte indirette

Premessa                                                                                                  pag. 21

2.1. Requisiti                                                                                            pag. 21

2.1.1. Oggetto del trasferimento pag. 22

2.1.2. Ubicazione degli immobili trasferiti pag. 23

2.1.3. Titolarità di diritti su immobili da parte dell’acquirente pag. 24

2.2. Soluzione di casi particolari                                                              pag. 25

PARTE PRIMA

Disciplina del beneficio del credito d’imposta relativo ai trasferimenti immobiliari  “prima casa”.

1.1  Generalita’

 

L’art. 7, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”, ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 1999, l’attribuzione di un credito d’imposta a favore di coloro che, alienato un immobile acquistato usufruendo delle agevolazioni “prima casa” ai fini dell’imposta di registro o dell’IVA, provvedano ad acquisire a qualsiasi titolo, entro un anno dalla alienazione, altra casa di abitazione non di lusso, ricorrendo nuovamente le condizioni per essere considerata “prima casa”, di cui all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

Al riguardo si ricorda, con riferimento all’imposta di registro, che l’agevolazione fiscale per l’acquisto della c.d. “prima casa” è stata posta a regime dall’art. 16 del decreto legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito con modificazioni dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, ed è attualmente regolata dalla nota II-bis) all’art.1 della tariffa parte prima del citato testo unico dell’imposta di registro, come sostituita, a decorrere dal 1° gennaio 1996, dall’art. 3, comma 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

Con decorrenza 1° gennaio 2000, inoltre, l’aliquota agevolata dell’imposta di registro è stata ridotta dal 4% al 3% (art. 7, comma 6, della legge 23 dicembre 1999, n. 448), mentre quella ordinaria è stata ridotta dall’8% al 7% (art. 7, comma 7, della legge n. 448 del 1999).

Di seguito si riportano gli estremi delle norme che in precedenza hanno disciplinato l’agevolazione in argomento:

–         art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168;

–         art. 2 del decreto legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modificazioni dalla legge 5 aprile 1985, n. 118;

–         art. 3, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415;

–         art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21 gennaio 1992, n. 14; 20 marzo 1992, n. 237; 20 maggio 1992, n. 293;

–         art. 2, commi 2 e 3, del decreto legge 24 luglio 1992, n. 348;

–         art. 1, commi 2 e 3, del decreto legge 24 settembre 1992, n. 388;

–         art. 1, commi 2 e 3, del decreto legge 24 novembre 1992, n. 455;

–         art. 1, comma 2, del decreto legge 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75;

1.2 Ambito di applicazione del credito d’imposta

Il credito d’imposta, determinato secondo i principi esplicati al paragrafo  1.4, è un credito personale. Esso, infatti, compete al contribuente che, al momento dell’acquisizione agevolata dell’immobile, abbia alienato da non oltre un anno la casa di abitazione da lui stesso acquistata con l’aliquota agevolata prevista ai fini dell’imposta di registro o dell’IVA dalle norme che si sono succedute e che sono state sopraindividuate.

Pertanto, un soggetto che abbia alienato un’abitazione pervenutagli per atto di donazione o successione, ancorché sia stata a suo tempo acquistata dal donante o dal de cuius con le agevolazioni prima casa, non potrà avvalersi del beneficio in commento.

A tale proposito si precisa che per “alienazione” deve intendersi non solo il trasferimento a titolo oneroso ma anche il trasferimento a titolo gratuito disposto per atto di donazione.

In tal senso si è già espressa la circolare n. 7/E del 16 marzo 1994, sia pure per diversa materia, e, del resto, anche l’interpretazione sistematica perviene ad identiche conclusioni. La norma agevolativa c.d. “prima casa”, infatti, prevede la decadenza dal beneficio sia per i trasferimenti degli immobili a titolo oneroso che per quelli a titolo gratuito che intervengano prima del decorso del termine di cinque anni dal loro acquisto (comma 4 della nota  II-bis) all’art. 1 della  tariffa,  parte  prima,  del citato testo unico dell’imposta di registro).

Si rileva, infine, che il credito compete anche nell’ipotesi in cui, in presenza di tutte le condizioni, il soggetto acquisisca un’altra abitazione mediante permuta, con le precisazioni riportate al paragrafo 1.4, o mediante contratto di appalto, atteso che la norma agevolativa prevede che l’acquisto dell’immobile possa avvenire a qualsiasi titolo.

Da quanto suesposto consegue che il credito d’imposta non compete a coloro che:

  • abbiano alienato un immobile acquistato con l’aliquota ordinaria, senza fruire della agevolazione c.d.“prima casa”;
  • abbiano alienato un immobile pervenuto per successione o donazione;
  • acquisiscano un immobile non avente le caratteristiche richieste dall’art. 1, della tariffa, parte prima, del testo unico dell’imposta di registro e in assenza delle condizioni enunciate dalla nota II-bis) allo stesso art. 1; quindi, coloro che nell’acquisto dell’immobile non usufruiscono ovvero decadono dal beneficio della aliquota agevolata;
  • coloro nei cui confronti, per il precedente acquisto, non sia stata confermata, in sede di accertamento, l’agevolazione c.d.“prima casa” sulla base della normativa vigente alla data dell’atto, ancorché sia pendente un procedimento contenzioso sulla specifica questione; il perfezionamento della fattispecie giuridica che consente il riconoscimento del credito non risulta in tale ipotesi completamente realizzato, intervenendo soltanto con il passaggio in giudicato della sentenza che conclude il giudizio instaurato. In caso di giudicato favorevole, il contribuente avrà diritto al rimborso, entro i limiti del credito medesimo, qualora  abbia  chiesto  di  utilizzarlo per il pagamento della imposta di registro  dovuta  sul secondo acquisto oppure potrà utilizzarlo negli altri modi previsti dalla legge.

Un chiarimento va effettuato con riferimento alla ipotesi in cui l’immobile alienato sia stato assoggettato ad IVA al momento dell’acquisto. Al riguardo, infatti, occorre tener conto della normativa previgente ai fini IVA in materia di trasferimenti di immobili abitativi.

Anteriormente al 22 maggio 1993, data di entrata in vigore del decreto legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, l’aliquota IVA agevolata (2%, elevata al 4% dal 1° gennaio 1989 dal decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154) era applicabile alle realizzazioni ed alle cessioni di tutti i fabbricati abitativi di nuova costruzione di cui all’art. 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, effettuate da imprese costruttrici, indipendentemente dalla condizione che detti immobili costituissero la c.d. “prima casa” per l’acquirente.

A tale principio di carattere generale facevano eccezione le cessioni degli immobili abitativi non di lusso, effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici e quelle degli immobili aventi la stessa tipologia edificati prima del 18 luglio 1949. Queste operazioni erano assoggettate all’aliquota IVA ridotta (2%, elevata successivamente al 4%) solo se effettuate nei confronti di persone fisiche nei termini ed alle condizioni indicate nell’art. 2, primo comma, del decreto legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito nella legge 5 aprile 1985, n. 118, concernente le agevolazioni fiscali per l’acquisto della c.d.“prima casa”.

Soltanto in seguito all’entrata in vigore del citato decreto legge n. 155 del 1993 è stata prevista, in linea generale, analogamente a quanto disposto ai fini dell’imposta di registro,  l’applicazione dell’aliquota del 4% alle cessioni di tutti gli immobili abitativi non di lusso, in presenza delle condizioni stabilite dalla nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, del più volte richiamato testo unico dell’imposta di registro.

Da quanto sopra esposto risulta evidente che i soggetti che hanno acquistato la propria abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente fino al 22 maggio 1993, non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni c.d. “prima casa”, presupposto al quale l’art. 7, comma 1, della legge n. 448 del 1998 subordina l’attribuzione del credito d’imposta.

Si deve ritenere, tuttavia, che tale circostanza non precluda il diritto al beneficio qualora l’acquirente dimostri che alla data di acquisto dell’immobile alienato era comunque in possesso dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”.

Ed infatti il mancato riconoscimento, in tali casi, del credito d’imposta provocherebbe una disparità di trattamento fiscale in relazione a situazioni di fatto omogenee.

Ovviamente la dichiarazione di essere stato in possesso dei requisiti prescritti per godere dell’agevolazione c.d. “prima casa” in relazione all’immobile alienato, secondo le norme vigenti alla data dell’acquisto, essendo condizione essenziale per il riconoscimento del credito d’imposta, deve essere resa nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso e supportata da idonea documentazione, da presentare all’atto della registrazione. Ciò al fine di rendere più spedita l’azione verificatrice degli uffici in quanto, nell’ipotesi in esame, si rende necessario accertare non solo la spettanza del credito d’imposta in relazione a tutte le condizioni previste dalla relativa disposizione istitutiva, ma anche il diritto alla agevolazione c.d. “prima casa” in relazione all’immobile alienato. Qualora la sussistenza di tale diritto non sia confermata, non si procederà al recupero della maggiore imposta in relazione all’acquisto dell’immobile alienato, atteso che l’aliquota IVA ridotta era stata applicata ad altro titolo, ma verrà negato il beneficio del credito d’imposta.

Ovviamente il predetto credito non  spetta nelle ipotesi in cui  l’immobile alienato sia stato acquistato anteriormente all’introduzione nell’ordinamento della normativa agevolativa c.d. “prima casa” prevista dalla legge 22 aprile 1982, n. 168.

Quanto precisato concerne anche le ipotesi in cui l’immobile alienato sia stato acquisito tramite contratto d’appalto o abbia costituito oggetto di assegnazione da parte di cooperativa edilizia – non sussistendo, in passato, per tali casi una specifica agevolazione c.d. “prima casa”, introdotta, infatti, per i contratti di appalto aventi ad oggetto immobili abitativi, dal citato decreto legge n. 155 del 1993 e, per le cooperative edilizie, dal decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.

Qualora il secondo immobile agevolato venga acquistato mediante contratto d’appalto, nella specifica ipotesi in esame in cui in relazione all’acquisto dell’immobile alienato l’aliquota IVA ridotta non era stata applicata in virtù della normativa c.d. “prima casa” ma ad altro titolo, pur sussistendo per l’acquirente le condizioni soggettive richieste a tale fine, per poter usufruire del credito d’imposta si rende necessario che il contratto di appalto sia stipulato in forma scritta e registrato ai sensi dell’art. 5, comma 2, del più volte richiamato testo unico dell’imposta di registro. Ciò al fine di poter dichiarare in tale sede che in relazione all’immobile alienato sussistevano le condizioni soggettive che avrebbero consentito l’applicazione  delle agevolazioni c.d. “prima casa”.

1.3 Modalita’ di richiesta del credito

Per usufruire del credito d’imposta di cui al più volte citato art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 448 del 1998 è necessario che il contribuente manifesti la propria volontà, specificando se intende o meno utilizzare lo stesso in detrazione dall’imposta di registro dovuta per lo stipulando atto.

Tuttavia, qualora in atti di trasferimenti già formati non sia stata espressa alcuna volontà al riguardo, sarà ritenuta valida la scelta già operata dal contribuente.

Pertanto, l’atto di acquisto dell’immobile dovrà contenere, oltre alle dichiarazioni previste dalla nota II-bis) all’art.1 della tariffa, parte prima, del testo unico della imposta di registro, lettere b) e c), l’espressa richiesta del beneficio in argomento e dovrà indicare gli elementi necessari per la determinazione del credito. Sarà, pertanto, necessario:

–         indicare gli estremi dell’atto di acquisto dell’immobile sul quale era stata corrisposta l’imposta  di  registro o l’IVA in misura agevolata nonché l’ammontare della stessa;

–         nel  caso  in  cui  per  l’acquisto  del  suddetto  immobile  era stata corrisposta l’IVA  ridotta in assenza  della  specifica agevolazione c.d. “prima casa”, rendere la dichiarazione di sussistenza dei requisiti che avrebbero  dato  diritto  a  tale  agevolazione  alla data  dell’acquisto medesimo;

–         nell’ipotesi in cui risulti corrisposta l’IVA sull’immobile alienato,  produrre le relative fatture;

–         indicare gli estremi dell’atto di alienazione dell’ immobile.

Qualora l’acquisto del secondo immobile agevolato avvenga mediante contratto d’appalto si ricorda che, per poter fruire del credito d’imposta, è necessario che il contratto d’appalto sia redatto in forma scritta e registrato e contenga le indicazioni sopra precisate.

1.4 Determinazione del credito

L’importo del credito d’imposta è commisurato all’ammontare dell’imposta di registro o dell’IVA corrisposta in relazione al primo acquisto agevolato e, in ogni caso, non può essere superiore alla imposta di registro o all’IVA corrisposta in relazione al secondo acquisto; il credito, pertanto, ammonta al minore degli importi dei tributi applicati (es.: se il contribuente ha corrisposto un’imposta di lire 4.000.000 sul primo acquisto e di lire 3.000.000 sul nuovo acquisto il credito è pari a lire 3.000.000).

Con riferimento all’imposta di registro relativa sia  al primo che al secondo acquisto agevolato, occorre ovviamente tenere conto non solo dell’imposta principale ma anche dell’eventuale imposta suppletiva e complementare di maggior valore.

Con riferimento, invece, all’IVA, occorre fare riferimento all’imposta  indicata  nella fattura relativa all’acquisto dell’immobile alienato nonché agli importi indicati nelle fatture relative al pagamento di acconti. Nel caso in cui l’immobile alienato sia stato acquisito mediante appalto, ai fini della determinazione del credito d’imposta, deve essere considerata l’IVA indicata in tutte le fatture emesse dall’appaltatore per la realizzazione dell’immobile.

E’ opportuno precisare che, trattandosi di un credito personale, qualora  l’immobile alienato o quello acquisito risultino in comunione, il credito d’imposta deve essere imputato agli aventi diritto, rispettando la percentuale della comunione. Ai fini della definizione dell’ammontare del credito, infatti, non  rileva il principio di solidarietà nell’obbligo di pagamento, di cui all’art. 57 del più volte citato testo unico dell’imposta di registro.

Per completezza di argomento si ritiene utile stabilire le modalità di determinazione del credito nell’ipotesi in cui l’acquisto dell’immobile alienato o del nuovo immobile sia avvenuto con permuta soggetta all’imposta di registro.

Come noto l’art. 43, comma 1, lettera b), del testo unico dell’imposta di registro stabilisce che, in caso di permuta, la base imponibile è costituita dal valore del bene che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta. Al fine di determinare l’ammontare del credito d’imposta occorre, pertanto, quantificare in proporzione la quota dell’imposta di registro corrisposta ascrivibile al bene agevolato. A tal fine si formulano le seguenti ipotesi esemplificative.

A) Acquisto con permuta dell’immobile alienato

Il contribuente, anteriormente al 1° gennaio 2000, ha acquistato un immobile ad uso abitativo permutando un terreno agricolo.

Per la casa, il cui valore era di lire 100.000.000, è stata calcolata l’imposta  di registro nella misura del 4% in virtù della agevolazione c.d. “prima casa”.

Per il terreno, il cui valore era di lire 50.000.000 è stata calcolata l’imposta di registro nella misura del 15%.

Dal confronto delle due liquidazioni, risultando maggiore l’imposta relativa al terreno, è stata corrisposta un’imposta di lire 7.500.000.

Per determinare l’imposta di registro da imputare all’abitazione si procede nel modo seguente:

Imposta riferita all’abitazione:

lire 100.000.000           4%     =      lire   4.000.000

Imposta riferita al terreno:

lire   50.000.000         15%     =      lire   7.500.000

———————-

Totale dei due tributi                     lire  11.500.000

7.500.000 : 11.500.000  =  X : 4.000.000

4.000.000 x 7.500.000

X= ————————————           =           lire 2.610.000

11.500.000

La somma di lire 2.610.000 costituisce il credito d’imposta e pertanto rappresenta il limite del credito nell’ipotesi in cui l’imposta corrisposta sul nuovo acquisto risulti superiore.

B) Acquisto con permuta del nuovo immobile

A e B permutano due immobili ad uso abitativo acquistati precedentemente usufruendo dell’agevolazione “prima casa” e devono l’imposta di registro pari a lire 9.000.000.

L’imposta riferita all’immobile che acquista A è di lire             9.000.000

L’imposta riferita all’immobile che acquista B è di lire             6.000.000

————-

Totale dei due tributi                     lire            15.000.000

Per determinare l’imposta di registro da imputare ad A si procede nel modo seguente:

9.000.000 : 15.000.000  =  A : 9.000.000

9.000.000  x 9.000.000

A =    ——————————-  =  lire  5.400.000

15.000.000

Per determinare l’imposta di registro da imputare a B si procede nel modo seguente:

9.000.000 : 15.000.000    =    B : 6.000.000

9.000.000 x  6.000.000

B =  ——————————–   =   lire 3.600.000

15.000.000

Gli importi di lire 5.400.000 e lire 3.600.000 costituiscono rispettivamente il credito d’imposta per A e B nell’ipotesi in cui le imposte corrisposte sui precedenti acquisti risultino superiori.

Se una delle due cessioni che danno luogo alla permuta è soggetta ad IVA, in base agli articoli 11 e 13 del D.P.R. n.633 del 1972,  non sarà necessario alcun calcolo proporzionale in quanto il credito è costituito dal tributo corrisposto da ciascun soggetto relativamente al singolo acquisto.

Si evidenzia che gli altri tributi indiretti dovuti sugli atti traslativi immobiliari, diversi dall’imposta di registro e dall’IVA, non concorrono a determinare l’ammontare del credito; infatti l’art. 7, comma 1, in commento individua quali tributi che danno luogo al  credito esclusivamente l’imposta di registro o l’imposta sul valore aggiunto.

1.5. Utilizzo del credito

Preliminarmente si osserva che il legislatore ha puntualmente individuato le imposte dalle quali è possibile portare in diminuzione l’intero importo del credito; restano, pertanto, escluse le imposte indirette diverse da quelle di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni.

La volontà di utilizzare il credito (vedi paragrafo 1.3) deve essere manifestata autonomamente da ogni interessato.

Il contribuente può utilizzare il credito portandolo in diminuzione dalla imposta di registro dovuta per l’atto di acquisto che lo determina oppure può utilizzarlo nei seguenti modi:

a)   per l’intero importo in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito;

b)  in diminuzione dalle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto;

c)   in compensazione delle somme dovute ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Si precisa che in ogni caso il credito di imposta non dà luogo a rimborsi per espressa disposizione normativa.

Con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera a),  si rileva che il legislatore con la dizione “intero importo” ha voluto escludere la possibilità di utilizzare il credito parzialmente e, quindi, portarlo in detrazione dalle imposte dovute su più atti o denunce di successione, presentati all’ufficio competente per la registrazione dopo la data di acquisizione del credito.

Al riguardo si precisa che la data di acquisizione del credito, ai fini dell’imposta di registro, si individua nella data di stipula dell’atto relativo al nuovo acquisto agevolato, anche se l’amministrazione finanziaria riconosce l’applicabilità dell’agevolazione c.d. “prima casa” al momento della registrazione, in quanto solo in tale momento perviene alla quantificazione del credito.

Nell’ipotesi di acquisizione dell’immobile mediante contratto d’appalto il diritto al credito d’imposta nasce al momento della consegna del bene realizzato. In tale data dovrà anche essere dimostrato il possesso dei requisiti richiesti per usufruire del beneficio c.d. “prima casa”, come precisato in proposito nella circolare n. 1/E del 2 marzo 1994.

Relativamente all’imposta sulle successioni, si osserva che per poter utilizzare il credito d’imposta il contribuente deve aver prodotto la dichiarazione di successione al competente ufficio dell’amministrazione finanziaria dopo la data di acquisizione del credito stesso.

A tale proposito si precisa che il contribuente deve espressamente manifestare la volontà di avvalersi del credito con istanza da richiamare nella denuncia di successione nella parte relativa ai documenti da allegare.

Il titolare del credito d’imposta potrà scontare l’importo del credito stesso sia dalle imposte ipotecaria e catastale – autoliquidate ai sensi del decreto legge 28 marzo 1997, n.79, convertito  dalla legge 28 maggio 1997, n.140 – che dall’imposta di successione, ad oggi ancora calcolata, sia in sede principale che complementare o suppletiva, dal competente ufficio.

Resteranno, quindi, escluse l’imposta di bollo e la tassa ipotecaria, che sono calcolate e versate direttamente dai contribuenti in virtù del citato decreto legge n. 79 del 1997.

Ferme restando le osservazioni di carattere generale in ordine alla personalizzazione del credito, si precisa che la richiesta di scomputo, se avanzata da un solo erede, ha effetto liberatorio anche nei confronti degli altri coeredi.

Infatti, anche in mancanza di una specifica previsione normativa, si ritiene di poter pervenire a detta conclusione in virtù del principio dell’obbligazione solidale espressamente previsto dall’art. 36 del testo unico dell’imposta sulle successioni e donazioni, approvato con d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nonché alla luce di quanto disposto dall’art. 28 dello stesso testo unico con riferimento alla dichiarazione di successione.

In particolare il comma 1 del citato art. 36 dispone che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente  dovuto da loro e dai legatari.

Il comma 4 del già richiamato art. 28 prevede, inoltre, che la dichiarazione di successione non si considera omessa se presentata da uno solo dei soggetti obbligati.

Le stesse considerazioni in materia di solidarietà valgono anche per l’imposta di registro  (art. 57 del testo unico dell’imposta di registro) e per gli altri tributi ad essa collegati; e pertanto, qualora uno dei soggetti solidalmente obbligati al pagamento delle suddette imposte soddisfi la pretesa fiscale utilizzando il proprio credito, l’effetto liberatorio si estende anche ai restanti coobbligati.

Nell’ipotesi in cui, dopo l’utilizzazione del credito, a seguito dell’accertamento della base imponibile da parte dell’ufficio, l’ammontare dello stesso dovesse risultare maggiore di quello già portato in diminuzione, il contribuente potrà utilizzare la differenza in uno dei modi sopra specificati previsti dalla norma, ciò in quanto al momento dell’utilizzo del credito questo non era stato ancora determinato nel suo ammontare definitivo.

Qualora, invece, a seguito di accertamento l’agevolazione c.d. “prima casa” venga revocata, si rinvia al successivo paragrafo 1.7.

In tutti i casi in cui il credito d’imposta sia utilizzato per il pagamento dell’imposta di registro dovuta sullo stesso atto che lo ha determinato ovvero per il pagamento delle imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute su un atto successivo, il contribuente deve versare una somma pari alla differenza tra l’importo da corrispondere per la registrazione dell’atto e il credito d’imposta.

Al riguardo è opportuno precisare che non si rende applicabile alla fattispecie in esame il disposto dell’art. 41, comma 2, del più volte citato testo unico dell’imposta di registro laddove prescrive “l’ammontare dell’imposta principale non può essere in nessun caso inferiore alla misura fissa indicata nella tariffa”. Pertanto, può accadere che l’importo da versare risulti inferiore a lire duecentocinquantamila o può, altresì, verificarsi che nulla sia dovuto, ciò in quanto le imposte dovute sull’atto sono comunque assolte con la compensazione del credito in argomento.

A tale proposito si ribadisce quanto precedentemente affermato in merito alla impossibilità di procedere al rimborso in tutto o in parte del credito, comunque utilizzato. Sul credito, anche se non utilizzato subito, non maturano interessi a favore del contribuente.

Come risulta dal testo normativo, il credito d’imposta non può essere utilizzato per compensare l’IVA dovuta in relazione all’acquisto della nuova abitazione. Tale imposta, pertanto, dovrà essere corrisposta al cedente o all’appaltatore per l’intero importo indicato nella fattura relativa alla cessione o alla realizzazione dell’immobile. Ciò in quanto, per effetto dei vincoli posti dalla normativa comunitaria, concernente l’armonizzazione delle legislazioni IVA tra gli Stati membri, non è consentito agli Stati disporre che per  una cessione di beni o una prestazione di servizi sia corrisposta un’imposta inferiore a quella risultante dall’applicazione dell’aliquota, propria dei beni o dei servizi medesimi, al corrispettivo dovuto secondo le pattuizioni contrattuali.

Con riferimento all’ipotesi di utilizzazione del credito in compensazione delle somme dovute, si fa presente che il credito può essere compensato ai sensi dell’art.17 del d.lgs. n. 241 del 1997 utilizzando il modello F24. In tal caso il codice – tributo da utilizzare è il “6602”, che va esposto nella colonna “importi a credito compensati” del modello F24, indicando, come periodo di riferimento, l’anno in cui è sorto il credito nella forma AAAA.

Si sottolinea, inoltre, che non è operante  per il credito in argomento il limite massimo fissato dall’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 241 del 1997 per l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta e dei contributi.

Da ultimo appare opportuno fornire qualche precisazione in riferimento all’ipotesi di decesso del titolare del credito d’imposta anteriormente alla sua utilizzazione.

In tale fattispecie, in mancanza di una espressa previsione normativa, si ritiene che, per quanto riguarda la possibilità di considerare il credito d’imposta quale componente attivo dell’asse ereditario costituitosi a seguito della morte del titolare, occorra far riferimento ai principi generali che regolano l’imposta di successione e precisamente all’articolo 12, lettera e), del testo unico citato concernente il trattamento dei crediti verso lo Stato.

Qualora il titolare del credito muoia prima della sua utilizzazione, il credito è, pertanto, trasferito mortis causa agli eredi che lo possono utilizzare nei modi indicati alle lettere a), b) e c).

1.6  Prescrizione

 

Con riferimento all’utilizzazione del credito nel pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale nonché dell’imposta sulle successioni e donazioni dovute  sugli atti e denunce presentati successivamente alla data di acquisizione del credito, si evidenzia che tale diritto si prescrive nel termine di dieci anni, in quanto, in mancanza di una specifica previsione normativa, si applica la prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 del codice civile; la prescrizione inizia a decorrere dalla data in cui sorge il credito d’imposta.

Il suddetto principio non è estensibile, invece, alle ipotesi in cui venga esercitata l’opzione di utilizzare il credito in diminuzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data del nuovo acquisto.

Il tenore letterale della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 7 della legge n. 448 del 1998 non consente, infatti, altra interpretazione se non quella che il diritto di credito può essere esercitato solo ed esclusivamente in sede di presentazione della prima dichiarazione successiva alla data di acquisto.

1.7 Decadenza dai benefici tributari e sanzioni

In via preliminare occorre considerare che in tanto compete il credito d’imposta in quanto compete il beneficio c.d. “prima casa”; la decadenza da tale agevolazione comporta, pertanto, sia il recupero delle imposte ordinarie sugli atti di trasferimento che il recupero del credito eventualmente utilizzato.

A tale proposito appare utile esaminare le problematiche afferenti la decadenza dal beneficio dell’aliquota agevolata prevista per l’acquisto della c.d. “prima casa”.

La nota II-bis) all’art.1 della tariffa, parte prima, del testo unico dell’imposta di registro, al comma 4, disciplina, come meglio precisato nella parte seconda della presente circolare, le condizioni necessarie per usufruire dell’agevolazione nonché la decadenza dalla stessa; tra l’altro viene prevista la decadenza nel caso in cui il beneficiario dell’agevolazione trasferisca il bene a titolo oneroso o gratuito prima del decorso del termine di cinque anni dalla data di acquisto, fatta salva l’ipotesi di un successivo acquisto entro un anno dalla vendita.

In tali casi gli uffici provvedono al recupero delle maggiori imposte e delle sanzioni espressamente stabilite nella nota citata.

Sulle somme richieste si applicano gli interessi previsti dall’art. 55, comma 4, del citato testo unico dell’imposta di registro.

Ovviamente, per quanto sopra detto, non si procede all’irrogazione delle sanzioni ed al recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nonché degli interessi nell’ipotesi in cui il contribuente, che ha usufruito delle agevolazioni, proceda, entro un anno dalla vendita, all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

A tale proposito si evidenzia come l’acquisto entro un anno dalla data di alienazione dell’altro immobile sia posta altresì quale condizione necessaria per poter accedere al credito.

Considerato, inoltre, che il riconoscimento del credito è subordinato alla presenza delle condizioni di cui alla succitata nota II-bis), consegue che nell’ipotesi di vendita entro i cinque anni dall’acquisto, per poter usufruire del credito il contribuente deve acquisire un altro immobile agevolato da adibire a propria abitazione principale in quanto, in caso contrario, decadrebbe dai benefici c.d. “prima casa” e conseguentemente dal diritto al credito d’imposta.

Esaminata la problematica relativa alla decadenza dai benefici “prima casa”, si ritiene necessario soffermarsi sulle questioni inerenti il recupero del credito eventualmente utilizzato ma non spettante per effetto della decadenza stessa.

L’ufficio che provvede a recuperare le imposte nella misura ordinaria e a comminare le relative sanzioni, nel caso si concretizzi la suddetta ipotesi di decadenza, deve altresì comunicare al contribuente la non spettanza del credito d’imposta di cui all’art. 7, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, inibendone in tal modo l’utilizzazione.

Qualora, invece, il credito fosse stato già utilizzato, l’amministrazione finanziaria dovrà provvedere al suo recupero; in tal caso, tuttavia, non sono dovute sanzioni non solo per mancanza di una espressa previsione nell’art. 7 della legge n. 448 del 1998 ma anche perché la fattispecie in esame non  appare riconducibile nell’attuale sistema sanzionatorio, disciplinato dai decreti legislativi 18 dicembre 1997, nn.471, 472, e 473 e successive modifiche.

Al riguardo si possono verificare le ipotesi precisate al paragrafo 1.5.

Con riferimento al caso in cui il contribuente abbia utilizzato il credito per il pagamento dell’imposta di registro sull’atto di acquisto che lo determina, l’ufficio, oltre alle imposte, le sanzioni e gli interessi dovuti per la decadenza dai benefici, deve recuperare l’importo pari alla somma non versata a seguito dell’utilizzazione del credito, nonché gli interessi su tale importo calcolati a decorrere dal momento della registrazione dell’atto medesimo.

Anche nell’ipotesi di utilizzo successivo del credito per l’intero importo in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale, sulle successioni e donazioni, dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito (lettera a) del paragrafo 1.5), l’ufficio  deve provvedere al recupero delle minori imposte versate a causa dell’utilizzazione del credito unitamente ai relativi interessi.

Parimenti qualora il credito sia stato utilizzato in diminuzione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (lettera b) del paragrafo1.5), si provvederà, in sede di liquidazione operata ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n.600 del 1973, al recupero delle imposte compensate con il credito non spettante a seguito della decadenza dell’agevolazione, oltre agli interessi dovuti per carente versamento.

E’ appena il caso di rilevare che, nelle ipotesi di tardivo versamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale nonché sulle successioni e donazioni, su quanto richiesto dall’ufficio per il recupero del credito indebitamente fruito si rende applicabile la sanzione prevista dall’art. 13 del d.lgs. n.471 del 1997.

Nelle ipotesi di utilizzo del credito per un ammontare superiore a quello spettante, è applicabile la sanzione per ritardati od omessi versamenti dei tributi con i quali il credito è stato compensato.

PARTE  SECONDA

Disciplina della agevolazione “prima casa” ai fini delle imposte indirette

 

Premessa

Considerato che presupposto del credito di imposta di cui all’art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 448 del 1998 è che il contribuente provveda ad acquisire una casa di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni previste dalla nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, del citato testo unico dell’imposta di registro, si ritiene opportuno individuare i requisiti richiesti dalla vigente normativa per poter usufruire delle agevolazioni c.d. “prima casa” nonché dare soluzione ai numerosi quesiti pervenuti in materia.

2.1 Requisiti

La nota II-bis) sopracitata stabilisce una pluralità di requisiti, di carattere sia oggettivo che soggettivo, necessari per usufruire delle agevolazioni tributarie in materia di trasferimenti a titolo oneroso di case di abitazione non di lusso.

L’agevolazione in parola, infatti, oltre ad  essere subordinata  alla tipologia del bene oggetto del trasferimento (requisiti oggettivi) ha riguardo anche all’ubicazione dell’immobile acquistato con riferimento al comune in cui l’acquirente ha o intende stabilire la propria residenza ovvero svolge la propria attività; alla titolarità  di diritti su altra casa di abitazione da parte dell’acquirente stesso; alla fruizione di precedenti agevolazioni per l’acquisto della c.d. “prima casa” (requisiti soggettivi).

A tale proposito appare utile fornire alcune precisazioni.

2.1.1 Oggetto del trasferimento

 

Secondo il disposto della già richiamata nota II-bis), comma 1, il regime agevolato si applica, sempre che ricorrano le condizioni previste, “agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse”.

I diritti oggetto di trasferimento devono, quindi, essere riferibili ad una casa di abitazione non avente le caratteristiche di lusso.

Per espressa previsione  normativa, inoltre, l’agevolazione si estende alle pertinenze dell’immobile che sia stato precedentemente acquistato in regime agevolato, purché le stesse siano classificate o classificabili nelle categorie catastali C2, C6 e C7, limitatamente  ad una sola pertinenza per ciascuna categoria ed anche se l’acquisto venga effettuato con un atto separato (nota II-bis), comma 3).

In ordine alla qualità della  “casa di abitazione” è appena il caso di ricordare che i criteri per determinare se sussistono o meno le caratteristiche di lusso  sono individuati dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, richiamato nell’ art. 1, comma 1, della tariffa, parte prima del testo unico dell’imposta di registro.

Per quel che concerne le caratteristiche del bene principale trasferito, non sussistono differenze rispetto ai chiarimenti forniti in precedenza con circolare n. 1/E del 2 marzo1994; sotto l’aspetto negoziale, invece, il legislatore ha ritenuto di dover minutamente esplicitare le fattispecie ammesse a fruire dell’agevolazione tributaria, innovando rispetto alla precedente previsione normativa.

 

 

 

 

2.1.2. Ubicazione degli immobili trasferiti

 

L’immobile oggetto del trasferimento  agevolato deve  essere ubicato, ai sensi del comma 1, lettera a), della citata nota II bis), salvo i casi particolari precisati dallo stesso legislatore, nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o intende stabilire la residenza. A tale ultimo proposito si sottolinea che la dichiarazione di intento, consistente nella manifestazione della volontà di stabilire  la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato, espressa nell’atto di trasferimento, costituisce vero e proprio obbligo dell’acquirente sancito con la decadenza dalle agevolazioni; da tale dichiarazione consegue l’onere per l’acquirente stesso di trasferire effettivamente la residenza, entro il termine di diciotto mesi a pena di decadenza, nel comune in cui è situato l’immobile acquistato e di darne prova all’ufficio spontaneamente o a richiesta. Si ricorda che, anteriormente alla modifica intervenuta per effetto dell’art. 33, comma 12, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, il termine per il trasferimento della residenza era fissato in un anno.

Per quanto concerne in particolare la residenza si precisa che fa fede la data della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato al comune, ai sensi dell’articolo 18, commi 1 e 2, del D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, concernente l’approvazione del  nuovo  regolamento anagrafico della popolazione residente, sempre che risulti accolta la richiesta di iscrizione nell’anagrafe.

La norma agevolativa specifica, poi, che l’acquirente può fruire delle agevolazioni anche se non residente nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato, purché svolga in quell’ambito territoriale la propria attività, ancorché non remunerata; a tale proposito si ribadisce quanto detto nella già richiamata circolare n.1/E del 2  marzo 1994.

Le agevolazioni spettano, inoltre, alla persona trasferita all’estero per ragioni di lavoro che acquisti l’immobile nell’ambito territoriale del comune in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui  dipende. Al riguardo si precisa che l’ipotesi in argomento è riferibile al solo rapporto di lavoro subordinato – con esclusione di qualsiasi altra tipologia di rapporto – e che lo stesso può essere instaurato anche con un soggetto che non necessariamente rivesta la qualifica di imprenditore.

Il contribuente che sia cittadino italiano emigrato all’estero, infine, può acquistare in regime agevolato l’immobile, quale che sia l’ubicazione di questo sul territorio nazionale. Ovviamente l’agevolazione compete qualora sussistano gli altri requisiti ed in particolare  l’immobile acquistato deve essere la prima casa sul territorio nazionale.

A tale proposito si osserva che il legislatore ha ampliato, solo per l’ipotesi in questione, l’ambito territoriale nel quale è possibile acquistare in regime agevolato senza, peraltro, prevedere l’obbligo di stabilire entro diciotto mesi la propria residenza nel comune in cui è situato l’immobile acquistato.

2.1.3 Titolarità di diritti su immobili da parte dell’acquirente

 

 

Il comma 1, lettera b), della nota II-bis) stabilisce, quale condizione ostativa alle agevolazioni, la titolarità esclusiva o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel  territorio del comune in cui è situato l’immobile da  acquistare. Tale disposizione esclude, quindi, l’agevolazione nell’ipotesi di titolarità di altro immobile nel comune nel quale si acquista.

In particolare, sotto l’aspetto soggettivo, la titolarità esclusiva dei diritti sull’immobile ad uso abitativo nell’ambito del territorio comunale è equiparata alla titolarità in comunione con il coniuge nello stesso ambito territoriale, escludendo l’applicazione dell’agevolazione in entrambi i casi.

Dalla stessa disposizione si evince, inoltre, che non è da considerarsi ostativa alla fruizione dell’agevolazione la titolarità di quote su altra casa di abitazione nell’ambito del richiamato territorio comunale (vedi casi particolari riportati al successivo paragrafo 2.2).

Ulteriori limiti alla concessione delle agevolazioni sono quelli posti dal comma 1, lettera c), della già citata nota II-bis), la quale prevede, come causa di esclusione dalla agevolazione, la titolarità, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altro immobile ad uso abitativo, acquistato usufruendo del regime agevolato  “prima casa” previsto dalle norme  che si sono succedute, richiamate nella medesima lettera c). Al riguardo si pone in evidenza che è escluso dal trattamento agevolato il soggetto che al momento dell’acquisto risulti  titolare, anche per quote, dei diritti  reali espressamente indicati dalla stessa disposizione per i quali abbia  già usufruito delle agevolazioni c.d. “prima casa”. Di conseguenza coloro che non risultano più titolari dei predetti diritti al momento dell’acquisto possono reiterare l’agevolazione.

Anche in questo caso la norma equipara la titolarità esclusiva di diritti sul bene alla titolarità in  regime di comunione legale e pone, inoltre, la comproprietà dei diritti vantati su altra casa di abitazione tra le cause di esclusione dalle agevolazioni.

Quanto sopra comporta che il precedente acquisto agevolato effettuato da uno solo dei coniugi in regime di comunione legale, come meglio esplicitato al punto 2.2.10, è causa di impedimento alla fruizione delle agevolazioni per ambedue i coniugi. Comporta, inoltre, che l’impedimento sussiste per entrambi i coniugi anche nel caso in  cui uno soltanto dei due risulti titolare esclusivo dei già richiamati diritti sugli immobili acquistati in regime agevolato e detti  coniugi procedano ad un  nuovo acquisto in regime di comunione legale dei beni. Ciò in quanto si è voluta evitare la reiterazione dell’agevolazione per il coniuge che ne aveva già usufruito.

2.2  Soluzione di casi particolari

Premessi i principi di carattere generale, si precisa il trattamento tributario per fattispecie ricorrenti.

2.2.1. Qualora oggetto del contratto sia  l’acquisto della nuda proprietà è previsto espressamente dalla norma che l’agevolazione tributaria possa trovare applicazione purché in presenza degli altri requisiti.

2.2.2. Qualora oggetto dell’atto di trasferimento sia una pertinenza della casa di abitazione acquistata usufruendo dei benefici tributari c.d “prima casa” e la pertinenza stessa sia classificata o classificabile nelle categorie catastali C/2, C/6  e C/7, l’agevolazione è ammessa limitatamente ad una sola pertinenza per ciascuna categoria.

Ai fini della nozione di pertinenza occorre fare riferimento all’art. 817 del codice civile. Considerato, quindi, che elemento caratterizzante il rapporto pertinenziale è la destinazione  di fatto, in modo durevole, di una cosa al servizio di un’altra, si ritiene che anche nel caso in cui, ad esempio, un box sia posto solo in prossimità dell’abitazione principale, purché risulti adibito all’utilità della stessa, è applicabile l’agevolazione c.d. “prima casa” al suo acquisto.

Quanto precede nella considerazione che il comma 3 della più volte citata nota II-bis) all’art. 1 della tariffa, parte prima, del testo unico dell’imposta di registro prevede espressamente le condizioni ed i limiti per l’applicabilità della agevolazione all’acquisto, anche se con atto separato, delle pertinenze “dell’immobile di cui alla lettera a)”.

Dal richiamo alla lettera a), nella quale sono dettate le condizioni per l’applicazione dell’agevolazione all’immobile acquistato, consegue la esclusione dal beneficio delle pertinenze relative ad un immobile acquistato in regime ordinario.

Tuttavia l’agevolazione si rende applicabile, nei limiti sopra indicati ed alla condizione di seguito specificata, anche quando il bene acquistato con atto separato costituisca pertinenza di una casa di abitazione ceduta da un’impresa costruttrice senza applicazione della specifica aliquota IVA ridotta prevista per la c.d. “prima casa”, prima del 22 maggio 1993 (data in cui è stata soppressa l’applicazione dell’aliquota del 4% prevista per tutte le cessioni di abitazioni effettuate da costruttori ed è stata limitata l’applicazione di tale aliquota alle sole ipotesi di acquisto della c.d. “prima casa”. Cfr. d.l. 22 maggio 1993, n.155, convertito dalla legge 19 luglio 1993, n.243).

In questa ipotesi l’aliquota IVA del 4% si applica alla cessione del bene pertinenziale qualora il proprietario dell’abitazione dimostri che al momento in cui ha acquistato l’immobile abitativo era nella situazione richiesta per usufruire della particolare agevolazione c.d. “prima casa”.

L’esistenza di tale condizione deve essere dichiarata nell’atto di acquisto della pertinenza e deve essere documentata su richiesta degli uffici finanziari.

Il riconoscimento del beneficio fiscale risponde alle stesse ragioni di equità sostanziale che hanno portato a ritenere che spetti il credito d’imposta c.d. “prima casa” nel caso in cui l’immobile alienato sia stato acquistato presso un’impresa costruttrice senza applicazione della specifica agevolazione c.d. “prima casa”.

Si rende opportuno precisare che l’aliquota IVA prevista per la cessione del bene principale è comunque applicabile alla pertinenza se i due immobili sono acquistati con il medesimo atto. Se invece i due beni vengono acquistati con atto separato, l’aliquota prevista per l’immobile abitativo si applica alla sola pertinenza posta al servizio della “prima casa” nelle ipotesi sopra indicate, mentre negli altri casi la costituzione del vincolo pertinenziale resta del tutto ininfluente per la determinazione dell’imposta.

Pertanto nelle ipotesi in cui cantine, box, soffitte, ecc, acquistati con atto separato rispetto all’abitazione, siano pertinenze di abitazioni diverse dalla c.d. “prima casa” oppure costituiscano pertinenze della c.d. “prima casa” al cui servizio sono già posti altri beni immobili della medesima categoria catastale, sono soggette alla aliquota IVA loro propria. Questa è stabilita nella misura del 10% se l’immobile rappresenta una porzione di fabbricato a prevalente destinazione abitativa, ai sensi della legge n. 408 del 1949, ceduta direttamente dall’ impresa costruttrice (v. tab. A, parte III, n.127 undecies, allegata al D.P.R. n.633 del 1972), ovvero si tratta di parcheggi realizzati ai sensi della legge 24 marzo 1989, n.122 (legge Tognoli), e nella misura del 20% negli altri casi .

Analoghe considerazioni valgono evidentemente, anche con riferimento ai trasferimenti delle pertinenze soggetti all’imposta di registro.

2.2.3. Qualora l’acquisto riguardi una quota di comproprietà si può beneficiare dell’agevolazione purché in presenza di tutti i requisiti previsti. E infatti, oltre a non esservi una espressa esclusione normativa, è lo stesso legislatore ad ammettere indirettamente tale possibilità al comma 1, lettera c), della citata nota II bis) ove è previsto “che l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni del presente articolo ovvero ( … omissis … )”.

2.2.4. Qualora l’acquisto soggetto all’imposta di registro riguardi un immobile non ultimato, si può beneficiare dell’agevolazione purché in presenza di tutti i requisiti previsti (nello stesso senso si è espressa la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con sent. n. 9150 del 16 aprile 2000, dep. il 7 luglio 2000).  Ovviamente l’ufficio competente successivamente provvederà a verificare l’effettiva esistenza dei requisiti, compreso quello riguardante la tipologia dell’immobile che dovrà risultare non di lusso.

2.2.5 Qualora l’acquirente sia già titolare di un immobile classificato in catasto nella categoria A/10 (ufficio) ma di fatto adibito ad abitazione, l’agevolazione può essere concessa.

Non ha, infatti, rilevanza l’utilizzazione di fatto diversa dalla classificazione catastale. In osservanza dei medesimi criteri è possibile asserire, di contro, che l’agevolazione non è applicabile nel caso in cui l’acquirente sia titolare, nel comune dove acquista, di altro immobile classificato o classificabile in catasto come abitazione, indipendentemente dall’utilizzazione di fatto.

Si precisa, inoltre, che, nel caso in cui l’acquirente sia titolare su tutto il territorio nazionale di altra casa di abitazione acquistata usufruendo delle agevolazioni, non può godere del beneficio in parola, indipendentemente dall’utilizzazione di fatto e dall’eventuale cambio di destinazione nel frattempo intervenuto.

2.2.6. Qualora l’acquirente sia già titolare  – in via  esclusiva o  in  comunione legale con il coniuge – di diritti su immobili situati al di fuori dell’ambito territoriale del comune in cui viene operato il nuovo acquisto, non sussiste alcun ostacolo alla fruizione del beneficio fiscale, purché gli stessi siano stati acquistati senza usufruire dell’agevolazione c.d. “prima casa” e ricorrano le altre condizioni volute dalla legge.

2.2.7. Qualora l’acquirente sia già titolare pro-quota su tutto il territorio nazionale di diritti su  immobili, acquisiti senza fruire delle agevolazioni, può giovarsi del regime tributario agevolato purché ricorrano le altre condizioni.

Qualora peraltro l’acquirente sia titolare in comunione con soggetti diversi dal coniuge, nel comune dove acquista, di diritti su di una casa di abitazione, può avvalersi della agevolazione tributaria purché ricorrano le restanti condizioni.

Quanto precede nella considerazione che il comma 1, lettera b), della più volte citata nota II-bis) espressamente prevede l’esclusione dall’agevolazione nel solo caso di titolarità in comunione con il coniuge di diritti su immobili nel territorio del comune dove si acquista. Tenuto conto che la norma non qualifica ulteriormente la “comunione con il coniuge”, si ritiene che la stessa sia riferibile alla comunione sia legale che convenzionale.

2.2.8. Qualora l’acquirente sia titolare di quote di diritti immobiliari su altra casa di abitazione acquisita in regime agevolato, non può beneficiare delle agevolazioni indipendentemente dall’ubicazione dell’immobile.

2.2.9. Qualora il titolare di una quota di diritti immobiliari, acquistata usufruendo delle agevolazioni, proceda all’acquisto di un’ulteriore quota dello stesso immobile, può giovarsi dell’agevolazione tributaria purché ricorrano le altre condizioni.

Il comma 1, lettera c), della nota II-bis) più volte citata, infatti, prevede espressamente la possibilità di usufruire della agevolazione in caso di non titolarità “neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà  su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni ( … )”. Sembra evidente, quindi, che il legislatore abbia inteso agevolare esclusivamente il conseguimento della piena proprietà di una sola unità immobiliare ad uso abitativo.

2.2.10. Qualora l’acquirente sia titolare,  anche in comunione   legale,   di   una   casa di abitazione acquistata in regime agevolato dallo stesso o dal coniuge, non può avvalersi dell’agevolazione tributaria. Infatti tale acquisto, estendendosi ope legis anche all’altro coniuge, comporta, nella sostanza, la fruizione anche da parte di quest’ultimo del beneficio tributario; pertanto, permanendo detta situazione di titolarità, per ambedue i coniugi è preclusa la possibilità di avvalersi di nuovo dei benefici c.d. “prima casa”. Sembra chiaro che il legislatore, quando fa riferimento ad un precedente acquisto agevolato fatto dal coniuge, intende quello effettuato in regime di comunione di beni. Tuttavia nel caso in cui, a seguito dello scioglimento della comunione legale, uno dei coniugi acquisti la titolarità esclusiva della casa di abitazione già facente parte della comunione può usufruire per detto acquisto delle agevolazioni, sempreché ricorrano tutte le altre condizioni. Naturalmente la precisazione non riguarda le attribuzioni di beni patrimoniali conseguenti lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (cfr circolare n. 49/E del 16 marzo 2000).

2.2.11. Qualora due coniugi in regime di separazione abbiano acquistato, ciascuno per proprio conto, due immobili fruendo entrambi dell’agevolazione c.d. “prima casa” ed entro il quinquennio li rivendano ed acquistino congiuntamente per quote, entro un anno dalla precedente vendita, un immobile da adibire a propria abitazione principale, godono dell’agevolazione c.d. “prima casa” in quanto la norma (comma 4 della citata nota II-bis) non esclude la possibilità di riacquistare un immobile anche per quote.

2.2.12. L’aliquota IVA del 4%, prevista dal n. 39 della Tab. A, parte II, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per la prestazioni di servizi diretti alla realizzazione di un fabbricato di cui alla legge n. 408 del 1949, effettuata nei confronti di soggetti che svolgono attività di costruzione di immobili per la successiva rivendita, si applica anche alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di subappalto attraverso i quali l’impresa costruttrice affida ad altri soggetti la realizzazione di parte dei lavori relativi alla costruzione dell’edificio. Ciò in quanto l’aliquota IVA si determina in riferimento all’appalto principale, estendendosi poi a tutti i subappalti in ragione del fatto che questi concorrono alla realizzazione dell’opera che il legislatore ha inteso agevolare.

2.2.13. Alle prestazioni di servizi aventi ad oggetto lavori di ampliamento della c.d. “prima casa” si applica l’aliquota ridotta del 4% qualora il committente dei lavori di ampliamento non possieda un’altra abitazione nel medesimo comune, diversa da quella che va ad ampliare. In tal caso egli risulta legittimato a dichiarare all’appaltatore di non essere titolare di diritti reali su altra abitazione nel comune poiché la nuova realizzazione ampliativa non può considerarsi “altra abitazione” rispetto a quella oggetto dell’ampliamento. Resta inteso che l’agevolazione può essere applicata solo nel caso in cui i lavori effettuati rimangano contenuti nell’ambito del semplice ampliamento. Devono quindi ricorrere le seguenti condizioni:

–         i locali di nuova realizzazione non devono configurare una nuova unità immobiliare né devono avere consistenza tale da poter essere destinati a costituire una nuova unità immobiliare;

–         l’abitazione deve conservare, anche dopo l’esecuzione dei lavori di ampliamento, le caratteristiche non di lusso, determinate sulla base dei parametri dettati dal decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969.

* * * * * *

Le Direzioni regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.